Negli ultimi anni, la logistica e le spedizioni hanno dimostrato di risentire direttamente i fenomeni economici globali. Questo settore, vitale per il funzionamento dell’import-export, ha affrontato sfide crescenti, amplificate dalla pandemia e dalle attuali crisi geopolitiche.
In questa intervista ad Ermanno Giamberini Ad di Contra esploreremo come le crisi geopolitiche stanno trasformando il mondo delle spedizioni, quali merci ne sono maggiormente colpite e come il settore alimentare sta reagendo a questi cambiamenti.
Le crisi geopolitiche che sono in corso come stanno impattando il mondo delle spedizioni?
Oramai ( finalmente) è stato generalmente accettato il fatto che logistica e spedizioni non sono una “commodity” aggiuntiva ai prodotti ma l’ultima fase di qualsiasi ciclo produttivo. In quanto tale esse risentono e condizionano i fenomeni economici.
Basti pensare che la globalizzazione ha visto il suo sviluppo oltre due decenni fa nel preciso momento in cui le catene logistiche hanno iniziato ad “accorciarsi” in termini sia di tempi che costi.
Già la crisi pandemica aveva messo in crisi questa visione globalizzata a causa dei tempi lunghi ed incerti ed ai costi enormemente incrementati per ricevere o spedire i prodotti e le materie prime.
Gli attuali scenari , a cominciare dall’incremento dei costi energetici verificatosi dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e più di recente gli attacchi alle navi nello stretto di Bab el Mandeb, hanno riproposto in maniera ancora più stringente il tema. Le conseguenze sono da un alto ( import) la ricerca di mercati più vicini e “certi” per l’approvvigionamento ( i cosiddetti near-shoring e re-shoring) dall’altro il forte rischio che l’aumento del costo di trasporto ed i tempi lunghi ed incerti rendano meno competitivo l’export italiano.
Dal punto di vista strutturale , il sistema del trasporto marittimo ha fatto un balzo all’indietro di 160 anni , quando cioè il Canale di Suez non esisteva ancora.
Infatti , dovendo le navi circumnavigare l’Africa per raggiungere l’Oriente, si rivela più economico limitare il numero di approdi nei porti centro-orientali . Se prima il sistema prevedeva un sistema di navette ( i c.d. feeder) che concentravano il carico in porti di smistamento ( hub) anche italiani ( es : Genova, Trieste, Gioia Tauro) adesso conviene concentrare il carico in porti quanto più vicini allo stretto Gibilterra ,( Algeciras, Tangeri, Valencia) in modo da consentire alle navi-madri di percorrere solo brevi tratte nel Mediterraneo e poi tornare in Atlantico per intraprendere la circumnavigazione dell’Africa in maniera quanto più celere possibile. Tuttavia dover rivedere gran parte del sistema marittimo e cioè delle rotte , dei porti di approdo , degli itinerari sia delle navi principali che di quelle regionali ( i c.d. feeder) sta determinando una crescente congestione in molti scali del Mediterraneo che stressa fortemente l’intero sistema globale.
Quali sono le merci più impattate? Nel settore alimentare cosa sta cambiando?
In generale il fenomeno impatta tutte le merci sia dal punto di vista delle tempistiche che soprattutto dei costi. I prodotti nostrani ovviamente ne risentono tendenzialmente meno , ma spesso l’impatto , seppur minimo riguarda materie prime e semilavorati indispensabili anche nel settore del prodotto alimentare made in Italy. Si pensi ad es alla banda stagnata necessaria per imballare i prodotti in scatola ( pomodori , legumi etc)
E’ solo un problema di costi?
No. Come detto l’aumento delle tempistiche , specie legate ai recenti attacchi alle navi commerciali nella zona di Bab el Mandeb ( circa 3 settimane in più del solito) sta creando grossi problemi specie per le tante aziende che , con l’obiettivo di ridurre le immobilizzazioni finanziarie, si basavano sul “just in time” , ottimizzando cioè gli approvvigionamenti contando di poter ricevere al momento giusto la quantità necessaria a soddisfare di volta in volta il mercato di riferimento.
Come stanno reagendo le aziende e quali variazioni ciò comporterà?
Come detto in alcuni casi e come già accaduto in pandemia, i “compratori di merci” stanno incrementando per quanto possibile i volumi di acquisto in modo da avere nei loro magazzini le merci necessarie ed evitare il rischio dell’out stock ( cioè restare senza scorte ( in altri casi purtroppo stanno valutando modifiche radicali delle loro catene logistiche rifornendosi/rivolgendosi a mercati geograficamente più vicini.
E’ evidente che l’effetto più visibile ed immediato per il consumatore sia un evidente aumento dei prezzi dei beni.