Qual è la storia dell’azienda??
La fondazione della cantina I Borboni ha avuto origine dalle radici della famiglia Numeroso. Già proprietaria, fin dalla seconda metà del ‘700, di venti ettari di terreni vitati con la leggendaria forma di allevamento conosciuta come “vite maritata al pioppo”, la famiglia Numeroso si dedica esclusivamente a rivendere le uve ottenute dalla paziente cura delle viti secolari. La tradizione che nei primi anni del ‘900 si affidava a una concezione di produzione soprattutto quantitativa, indirizza i Numeroso su una strada che li porta a divenire conferitori dell’azienda Buton con una fornitura di circa 100 tonnellate annue di Asprinio quale vino base dei famosi spumanti e brandy in voga in quel periodo, conferitori dell’azienda Cirio per la produzione di aceti, oltre che venditori di un modesto quantitativo ai francesi per la produzione di basi Champagne.
La prima fondamentale svolta è dovuta alla felice intuizione dell’amico Gabriele Lovisetto, allora direttore della stessa Buton, che agli inizi degli anni settanta convince la famiglia ad effettuare l’innovativa trasformazione su vasta scala dei vigneti passando dall’alberata ai più moderni sylvoz. Verso la fine degli anni settanta, a causa di una profonda crisi territoriale, economica e sociale, che portò alla scomparsa degli acquirenti di uve di Asprinio, la Famiglia Numeroso avvia le prime sperimentazioni nella spumantizzazione dell’Asprinio.
Alla luce dei primi soddisfacenti risultati viene registrato, nel 1982, il marchio “I Borboni”, un omaggio al glorioso popolo dei borboni, soprannome dato al popolo meridionale che visse l’epoca d’oro del Sud Italia. Nasce così la “Cooperativa Asprinio di Aversa – I Borboni”.
Ed è proprio in questa fase che il carattere contadino del Cav. Nicola Numeroso si rivela in tutta la sua caparbietà; fiancheggiato dal fratello Raffaele Numeroso, lancia infatti la sua sfida al recupero dell’Asprinio, altrimenti condannato all’estinzione, fino all’approvazione della pratica di riconoscimento prima della IGT e finalmente, nel 1993, della DOC Asprinio di Aversa.
Nel 1996 i due cugini omonimi, Carlo e Carlo Numeroso, figli dei fratelli Nicola e Raffaele, iniziano i lavori di ristrutturazione dell’antica casa di famiglia risalente alla seconda metà del 1500, edificata su una grotta di tufo, nelle viscere del centro storico di Lusciano, pazientemente recuperata secondo gli standard tecnici, portando così a termine, nel 1998, il loro progetto di creazione della cantina I Borboni.
Viene così recuperata la tradizionale vinificazione dell’Asprinio nelle grotte, scavate a 15 metri di profondità sotto le dimore padronali, uniche per i loro ambienti particolarmente adatti alla conservazione, in grado di assicurare la giusta umidità, assenza di luce e temperatura costante nell’ arco dell’anno. La scelta di riportare il processo produttivo negli impianti del centro storico rappresenta la ferma volontà di tutelare i legami con la tradizione che l’Asprinio esige e che la famiglia Numeroso non intende evitare nonostante la innegabile praticità che gli ampi spazi della campagna consentono ma che modificherebbe i cicli e quindi la tipicità dei vini.
Oggi dove siete arrivati (produzione, fatturati, mercati, referenze, etc…)?
Partendo da due sole referenze di Asprinio ed un mercato relativo unicamente alla provincia di Caserta, siamo arrivati a produrre sei varianti di Asprinio e altre quattro referenze con uvaggi differenti (Aglianico, Coda di Volpe, Falanghina) oltre ad essere ben ramificati in tutta Italia, al punto che ora sono le regioni del nord Italia a registrare una mole di affari maggiore. Inoltre abbiamo portato l’Asprinio oltre i confini nazionali, facendolo arrivare in Giappone, Nord Europa, Stati Uniti, Canada.
Dal punto di vista dei vitigni da dove siete partiti e come avete poi avete diversificato ci racconti il percorso…..
La nostra famiglia si occupa della coltivazione dell’Asprinio da oltre sei generazioni. Siamo partiti come semplici agricoltori di uve, dalla campagna inizia il nostro arduo e lungimirante percorso. Rivendevamo le uve ed in parte le lavoravamo per produrre un vino da consumare in famiglia. Siamo sempre rimasti fedeli all’Asprinio anche quando ci dicevano di abbandonarlo per passare a vitigni internazionali ed oggi la rinascita che sta vivendo il nostro vitigno, da finalmente ragione ai tanti sacrifici fatti di generazione in generazione
Nell’era moderna dove il perno centrale di ogni cosa è l’apparenza, queste due parole hanno perso di significato perché abusate.
Per noi territorio vuol dire difesa delle tradizioni millenarie, che sono diventate parte integrante della cultura popolare; evitare che vengano intaccate dalle richieste di velocizzazione di un mercato insaziabile ed interessato unicamente alla produttività.
Sostenibilità vuol dire riuscire a difendere il proprio territorio con azioni che evitino il suo stesso logoramento nel lungo termine.
Un esempio potrebbero essere gli esperimenti di abbassamento della vite maritata (la tipica forma di allevamento dell’Asprinio), messi in atto dalla Famiglia Numeroso durante gli anni ’70, necessari ad una riduzione produttiva delle viti utile poi per un considerevole aumento della qualità dell’uva.
Spesso sostenibilità vuol dire scegliere consapevolmente la strada più tortuosa a vantaggio dei posteri, senza contemplare guadagni immediati.
La crisi Covid ci ha colto di sorpresa, come avete reagito e come vede lo il futuro del vostro settore? Qualcosa cambierà?
Fortunatamente il mercato dell’Asprinio è di nicchia e non potrebbe essere altrimenti viste le caratteristiche organolettiche del vitigno, apprezzate per lo più dagli amanti bevitori con un palato maturo, ragion per cui non abbiamo subito perdite significative ma unicamente un leggero rallentamento dovuto alle manovre di contenimento della pandemia messe in atto dall’Italia e dal resto del Mondo.
Forse questa crisi cambierà il modo in cui continueremo a relazionarci o magari ci farà venire ancor più voglia di stare assieme, tutto dipenderà dalla durata di tale fenomeno, nessuno può saperlo in anticipo. Fatto sta che noi non abbiamo paura, abbiamo affrontato innumerevoli difficoltà nel nostro territorio, sia economiche che sociali. Uniti supereremo ogni cosa.
In particolare la crisi ha messo in evidenza la necessità di avere un canale digitale sviluppato , voi come siete organizzati?
Siamo attenti alle tradizioni ma ci rendiamo conto di quanto sia indispensabile essere aggiornati per non cadere nell’oblio. Abbiamo sempre avuto un occhio di riguardo per la digitalizzazione aziendale, l’ultimo passo è stato quello di creare un e-commerce sul nostro sito per dare la possibilità ad un pubblico più ampio di provare un vitigno raro come l’Asprinio.
Per finire una nota di colore, il vino (non suo) che la fa impazzire e con cosa lo abbinerebbe?
Se parliamo di territorio sceglierei sicuramente un Greco di Tufo, altrimenti un Riesling e li abbinerei entrambi ad un risotto ai frutti di mare.
L’unico vitigno in grado di farmi impazzire è il mio Asprinio perché, oltre ad avere caratteristiche che soddisfano i miei gusti come i due vitigni sopra elencati, ha una storia unica di cui la mia famiglia farà per sempre parte.