Siete di corsa, magari di cattivo umore e non sapete cosa preparare per cena? Tutti problemi di facile soluzione, guardate un video de I Fornelli di Max…
Massimiliano Costa, è sempre sorridente. Seguire le sue ricette è davvero facile perché spiega tutti i procedimenti in modo “casalingo”, alla portata anche di chi non ha tanta dimestichezza con i fornelli. E tra una battuta e una risata inconfondibile, la preparazione prende forma. Ma senza fretta, perché come dice Max: “quando fate le cose della tradizione, ci vuole il tempo che ci vuole”. Tradizione campana immancabile e con poche rivisitazioni, perché, è vero che la cucina è sempre in movimento, ma le basi sono importanti e devono restare solide.
Nella sua pagina su Facebook, la foto di copertina riporta il suo ritratto e una frase: “L’ingrediente principale in cucina è l’amore… Senza esso sarebbe solo cibo”.
L’ho intervistato per i lettori di FoodMakers
Massimiliano, non si sa tantissimo di te, raccontiamo ai nostri lettori chi sei e quale è stato il percorso che ti ha portato a diventare un famoso food blogger. Ti posso definire un food blogger? Perché c’è chi si offende…
Come mi ha detto il caro Paolo Gramaglia, noto chef stellato del Ristorante President di Pompei: “Tu non sei un food blogger, tu sei un Social Chef.” E devo ammettere che questa definizione mi calza a pennello, poi vi spiegherò il perché.
Nella mia famiglia si cucina a livello professionale da generazioni. Mia nonna Titina, era un’emigrata in Germania dove gestiva dei ristoranti con menù legati rigorosamente alla tradizionale italiana.
Per vicissitudini familiari, quando ero bambino, siamo tornati in Italia, precisamente a Battipaglia in provincia di Salerno. Qui, si era in procinto di aprire un ristorante, ma poi a causa delle condizioni di salute di mio nonno, il progetto non ha avuto seguito.
Nel corso dell’infanzia, guardare mia nonna in cucina, per me era come assistere a un cartone animato dal vivo. Quando preparava i suoi piatti, impastando, friggendo, rassettando, lei parlava e raccontava.
Erano innumerevoli gli aneddoti di famiglia rapportati al cibo. Un misto di verità e invenzione che mi portava risate e buonumore, e che mi permetteva anche di scoprire, lati dei miei cari che non conoscevo.
In particolare, dei guai che mia mamma e i suoi quattro fratelli combinavano da piccoli. Questa era una delle storie che ripeteva sovente: mia mamma rubava le salsicce dal macellaio e i cani la rincorrevano, la mordevano e subito dopo morivano. I cani, non mia mamma.
La cucina, sia come zona della casa, che, come appuntamento quotidiano, era il centro della nostra vita. Così, vivendo in questo clima gioioso, nel corso degli anni è cresciuta in me la speranza di diventare, un giorno un grande chef.
Però si sa che non sempre i percorsi risultano lineari, così per cause di forza maggiore ho preso altre strade dedicandomi a dei lavori meno creativi, arrivando anche a pensare di dover rinunciare al mio sogno.
Ma la passione per questo mondo, poco prima delle chiusure dovute alla pandemia, è tornata prepotente, arrivando a farmi decidere di aprire una mia osteria.
Tutto pronto, e già avviate le pratiche per un prestito bancario, all’improvviso, 15 giorni prima di concretizzare, l’Italia è stata blindata.
Questa è stata una bella botta in testa, visti gli impegni già presi, e non godendo di una esperienza precedente come imprenditore nel campo del food, non avevo idea di come muovermi. Così ho pensato di costruirmi una credibilità ai fornelli, mostrando le mie capacità culinarie sui social. Così che, se un domani fossi riuscito ad aprire, avrei avuto già qualcuno che mi conoscesse. Una sorta di pubblico incuriosito che poteva diventare in futuro, un potenziale cliente.
Un anno e tre mesi fa, ho creato la pagina I fornelli di Max, nella quale ho iniziato a pubblicare le prime video ricette. All’inizio impacciato e poco naturale, quando poi, dopo qualche mese, ho acquisito maggiore confidenza, è venuta fuori la mia natura rilassata e ironica.
Questo connubio tra la cucina tradizionale campana, il dialetto e il mio modo di essere, ha fatto sì che i video diventassero virali, creando una sorta di piccolo fenomeno. In poco più di un anno, ho raggiunto quasi 150.000 followers e 9 milioni di interazioni sui video ogni due mesi e mezzo.
Veramente tanta roba! E quasi non ci credo neanche io…
In realtà, sei uno chef molto bravo, non solo da social. Dove e come hai imparato a cucinare? Solo osservando tua nonna?
Io sono praticamente un autodidatta. Ho imparato sia seguendo lei, sia attraverso l’esperienza personale che mi sono costruito sul campo. Sono andato via da casa che avevo appena 18 anni, ed ero abituato a mangiare bene. Quindi, non volendo “abboffarmi” di schifezze junk food, ho dovuto applicarmi.
E costruendo sui ricordi della nonna, ho imparato da solo le basi della gastronomia. I ristretti, i brodi, i fumetti, le salse, non hanno più segreti per me. Parole tipiche della cucina classica, che sono state sdoganate e rese di uso comune grazie ai social e ai programmi di cucina più famosi.
Ho fatto anche dei corsi, ma penso che nella vita si debba avere qualcosa dentro. La giusta ispirazione che ti porta ad andare avanti e raggiungere obbiettivi apparentemente lontani e difficili. Sicuramente ero portato, e quando ho capito che questa era la mia vita da grande, mi sono applicato per diventare ciò che sono.
Quindi adesso che l’emergenza Covid sembrerebbe terminata, aprirai la tua osteria?
In realtà oggi, grazie a questa mia attività sui social ho qualche dubbio. La mia carriera sta procedendo, sono coinvolto in tante manifestazioni, l’ultima recentissima e molto gratificante al DMED Salone Dieta Mediterranea. Quindi al momento sto riflettendo sul da farsi.
Con la pandemia ci sono stati dei grandi cambiamenti nell’approccio gastronomico delle persone. Secondo te, in che direzione sta andando la cucina? Cosa cerca la gente, e tu che tipo di pietanze intendi proporre?
Ritengo che, dopo la grave crisi causata dal Covid, il settore si stia riprendendo bene, anche se attualmente è fortemente penalizzato dalla mancanza di manodopera. Ho tanti amici chef che cercano figure professionali che non trovano, anche proponendo stipendi molto alti. C’è una grande carenza di personale legata ai motivi che conosciamo.
Si sta tornando all’osteria ma semplicemente perché la gente ha bisogno di ritrovare i sapori di una volta. Quelli legati alle produzioni locali, sane e sostenibili, il km zero reale, del quale tanto si parla ma che spesso non corrisponde alla realtà.
Mi sono reso conto, per esperienza personale, che il livello si sta abbassando tanto, soprattutto negli agriturismi dove dichiarano produzioni in loco ma in realtà la gente non ritrova più il gusto di mangiare i piatti tradizionali. Non sono più buoni come quelli di una volta.
C’è una sorta di controsenso. L’osteria cerca di mantenere un’identità di sapori, invece l’agriturismo, che dovrebbe essere il luogo per eccellenza dove mangiare locale e sano, con sapori veri, intensi e genuini, non è più tale. Qui nel Cilento ce ne sono tantissimi e non tutti offrono ai visitatori la qualità promessa.
Quindi vedo la cucina orientata verso la tradizione con un ritorno al passato, per intenderci, io sono più da “cucchiara di legno” e meno da pinzetta.
C’è da dire che la cucina è fortemente legata all’identità di un popolo e anche alla sua evoluzione; quindi, bisognerebbe accettare la sua crescita e i suoi cambiamenti, come vivi questa cosa?
Io da mangione di ragù napoletano, sono ben contento dell’evoluzione gastronomica. Sono meno contento nel momento in cui vado a sedermi in un ristorante gourmet e mi ritrovo davanti a un piatto piccino, dove di concreto c’è ben poco. Insomma, dove al posto delle cozze trovo solo l’aria, così, per me è un no!
Ma perché io sono molto verace, poi certo, ci sono delle cucine stellate che sono eccezionali, però in generale credo sia un fenomeno che non regge più.
Il problema oggi è che, a parte i grandi maestri che lavorano a livelli altissimi e sono dei veri e propri mentori, dei guru, che hanno inventato dei piatti assoluti, che sprigionano sapori in grado di stimolare tutti i sensi, in tanti si nascondono dietro questo ipotetico bisogno di comunicazione, facendo passare un menù improbabile come vettore di un messaggio che lo chef vuole mandare per spiegare la sua filosofia di cucina.
Insomma, si riempiono di parole, tecniche, ingredienti improbabili, però poi nel piatto rimane molto poco. È anche vero che spesso si tratta di menù degustazione, che comprendono tante portate, ma se andiamo ad analizzare l’esperienza, poi cosa ti rimane? Quante emozioni ti restano? Forse sono gli chef che provano delle sensazioni positive mentre cucinano, però non sempre riescono a trasmetterle.
C’è gente che inventa mentre tutti gli altri si ispirano. E purtroppo non sempre l’ispirazione crea dei risultati simili o anche solo avvicinabili a quelli di partenza.
Come nascono le Reaction, ovvero i commenti agli altri video di cucina?
Casualmente. Ho tante interazioni in privato, in tanti mi scrivono mandandomi di tutto. I miei followers, per me sono amici, perché non li vedo come un numero raggiunto, ma come persone reali che mi augurano la buonanotte, si interessano a me e con i quali ho sviluppato un rapporto di vicinanza.
Mi arrivano, dal consiglio su come devo vestirmi a come devo cucinare il pollo, e tra le altre cose mi chiedono pareri su questi video inguardabili, dove le ricette tradizionali vengono stravolte, oppure che mostrano dei piatti stranieri decisamente improponibili per noi.
Al momento ne ho commentato giusto qualcuno, e mi ero ripromesso di non farne più, perché scatenano il pandemonio, in una settimana ha avuto 1.200.000 visualizzazioni! Guardandoli e commentandoli, viene fuori la mia vena comica e mi lascio trascinare perché mi divertono realmente. Anche se in qualche modo cerco di mantenere un comportamento dignitoso, diplomatico, e contenuto, perché se mi lasciassi totalmente andare, verrebbero fuori dei numeri folli.
A te piace una cucina classica e tradizionale, specialmente quella campana e partenopea, che prevede una cura maniacale degli ingredienti. Dove fai la spesa?
Io la spesa la faccio sotto casa, c’è Antonella la mia fruttivendola di fiducia, poi c’è la pescheria di Mari e Lorenzo, anche essa poco distante, dove mi accontentano sempre; quindi, ho tutto a portata di mano.
Come stai vivendo il successo ottenuto?
In modo molto naturale. Ma ciò che mi fa sorridere di più, è che quando ho aperto la pagina dei Fornelli di Max, all’inizio, quando avevo giusto qualche migliaio di followers, nel mio paese si è diffusa la voce di questa novità.
Quindi mi guardavano tutti un po’ scettici, come per dire, ma che stai facendo? Ma dove vuoi arrivare? Ti rendi conto che hai una certa età? Ma tu a 40 anni, ti metti a fare stè scemate?
Però intanto, attualmente, questa mia iniziativa mi sta facendo conoscere. Sono riuscito a stringere delle collaborazioni, e sono arrivato al mio obbiettivo.
Adesso faccio anche lo chef a domicilio, e mi sto prendendo le mie soddisfazioni, perché sto girando un po’ tutta l’Italia. In case dove apprezzano i miei piatti e soprattutto dove ho la possibilità di promuovere questa figura professionale, che risulta ancora poco conosciuta, soprattutto nel sud dell’Italia.
Quali sono i tuoi Hobby quando non cucini?
Io sono un cantante di musica napoletana. Ho un gruppo che si chiama Anima Partenopea. Suoniamo musica classica napoletana rivisitata stile Renzo Arbore e Carosone. Mi piace anche restaurare mobili antichi, e ho arredato la mia casa in questo modo, tra negozi di usato e vecchie cantine.
Crediti Foto: Massimiliano Costa
Contatti:
ifornellidimax@gmail.Com