Personalità sempre più rifinita per il locale partenopeo dei fratelli Salvo, che dal 2018 rappresentano il proprio laboratorio d’idee, collaterale alla storica casa madre di San Giorgio a Cremano. 

Difficile poter descrivere quello che i fratelli Salvo – Francesco e Salvatore – hanno rappresentato per lo sviluppo delle coordinate ideali della pizza napoletana, fautori di un incessante lavoro di ricerca ed elaborazione delle materie prime, e di una instancabile opera di promozione delle eccellenze territoriali regionali, all’insegna della stagionalità.

La notizia, tuttavia, è rappresentata dalla formalizzazione di tale linea operativa nel prestigioso locale alla riviera di Chiaia, operativo dal 2018, dunque da quattro anni, che nel corso degli anni, nonostante il prolungato stop rappresentato dal lockdown, ha finito gradualmente con il complessificare la proposta commerciale, grazie alla sinergica opera dei titolari, proponendosi come avanguardia stilistica.

La sinossi, potremmo dire, è icastica e riportata nell’epigrafe del menù in uso ai clienti-avventori: “la nostra pizza è amore per il nostro lavoro – la nostra pizza è una storia di famiglia – la nostra pizza è territorio e rispetto della tradizione, con un impasto lievitato ventiquattro ore come una volta”.

Tra gli elementi di spicco del nutrito menù, la rimodulazione della carta degli antipasti, con una notabile selezione di fritti della casa madre, una parte dedicata ai ripieni ed alle montanare, una carta delle margherite, appunto punto di arrivo – transeunte – di un’opera di elaborazione ed innovazione su stilemi consolidati della tradizione. Ancora, le straordinarie – ad avviso dello scrivente – pizze della riviera, informate ad una creatività temperata, al termine di un periodo di sperimentazione e approfondimenti su tecniche culinarie moderne – spesso avvalendosi di serata con chef stellati come ospiti, con i quali confrontarsi – ed infine una carta dei vini in continuo divenire, con graduali aperture alle referenze biologiche e bio-dinamiche.

Impossibile omettere il fascino della sede napoletana, nel cuore della riviera di Chiaia, non lontana dai negozi a la page del contiguo quartiere omonimo, ma anche da importanti luoghi di aggregazione come il lungomare, la Villa Comunale e la storica Villa Pignatelli, locale che visitiamo nel corso di una rovente pausa pranzo di inizio giugno, accolti dal dinamico e cortese titolare Salvatore.

Crew di sala coordinata e puntuale come un metronomo, iniziamo la degustazione con la selezione di fritti, in primis la frittatina di pasta e patate – con pasta di gragnano IGP, patate, parmigiano reggiano DOP 24 mesi e prosciutto crudo – seguita dal crocchè con patate, provola affumicata e pecorino romano, concludendo infine con il trancio di baccalà fritto in pastella di farina di riso, arrivati al tavolo perfettamente croccanti e caldi, mai unti.

In pairing, un classico della spumantistica italiana di casa Ferrari, il Trento D.O.C. Maximum Blanc de Blancs 2019 – maison a cui il locale conferisce grande rilievo, con un’accurata selezione dell’intera gamma – una sapiente selezione di sole uve chardonnay, con una maturazione sui lieviti di circa 36 mesi, spiccata acidità per un prodotto duttile e versatile.

Si inizia con la teoria delle pizze, l’overture è riservata alla “margherita caramella” con pomodoro datterino Caramella di Nola – dal quale mutua il nome – fior di latte, olio e.v.o. del Matese e basilico, davvero dalla marcata acidità ed incisività al palato, diretta emanazione e propaggine di un territorio.

Si prosegue con la “pizza sei pomodori” – frutto della collaborazione con lo chef stellato Salvatore Bianco, diversi per qualità e cotture, tra cui il corbarino, il San Marzano, del Piennolo e grigliato, incredibile come le differenza di consistenze ne diversifichi il tenore gustativo al palato, rendendola stratificata e complessa.

Originale la successiva “pizza oceano”, con fior di latte, ricotta di bufala alle alghe (nori, dulse e lattuga di mare), ricciola affumicata, pepe rosa e zest di limone, interessanti le noti affumicate con la sapidità propria del pescato locale e le note aromatiche dei vegetali di mare. In abbinamento, il Fiano Calpazio I.G.P. Paestum Greco 2020 dell’azienda agricola San Salvatore, un bianco di struttura media che ben sorregge la complessità dei topping.

Concludiamo con una pizza stratosferica, un “connubio di sapori fra Nord e Sud” secondo gli intenti dei titolari, ovverosia la “nduja e verzin”, in cui l’eccellenza calabrese si sposa con l’intensità di un formaggio erborinato di latte vaccino lombardo affinato da Beppino Ocelli, base al fior di latte, davvero una delle migliori pizze mai assaggiate, una sinfonia di note dolci e piccanti al palato in perfetta ed armonica alternanza.

Calibrato il vino in abbinamento, un Roero D.O.C.G. Valmaggiore Audinaggio 2019 dell’azienda agricola Cascina Cà Rossa,  elegante e dalle marcate evidenze di frutta rossa all’olfatto, bel tannino levigato al sorso.

Concludiamo questa significativa degustazione con il dessert, rigorosamente “home-made”, la millefoglie fritta con crema ai frutti rossi, con la medesima pasta delle pizze, in abbinamento, ancora una volta con un ineccepibile rimando alla tradizione, il Marsala Fine Semisecco D.O.C. della Cantine Pellegrino, aromatico e dalla gradevole gradazione alcolica.

Carlo Straface

Carlo Straface, partenopeo di nascita, corso di studi in giurisprudenza, di professione avvocato e giornalista pubblicista, eno-gastronomia e letteratura le sue coordinate di riferimento. Sommelier di...

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