Che la cucina italiana all’estero sia uno degli argomenti più dibattuti e spinosi non è certo una novità. Basti pensare all’esilarante momento del Quo Vado? di Checco Zalone che, in meno di un minuto, immortala tutta la frustrazione di chi si trova davanti ad un piatto di spaghetti scotto che grida vendetta.

Chiunque abbia lasciato l’Italia per altri lidi, realizza ben presto che dovrà custodire gelosamente nella mente e nel cuore il “sapore di casa”, trovando forse più soddisfazione nella scoperta di nuove cucine vista l’impossibilità di rintracciare qua e là l’autenticità della propria storia gastronomica.

Nella capitale del Sultanato dell’Oman, a Muscat, il visionario progetto di tre giovanissimi omaniti è così audace da puntare direttamente alla pizza, cuore della cucina italiana, ponendosi l’obiettivo di diventare il riferimento della miglior pizza Made in Oman.

Wafa, Haider e Hajid con l’energia e l’entusiasmo dei  trent’anni, hanno visto nel lockdown del 2020 l’opportunità per potersi reinventare e dar vita ad un progetto pieno di passione. Nel lungo anno di chiusura, fare la pizza è diventato il loro tormentone, oggetto di studio e di pratica giornaliera, spulciando le ricette, seguendo tutorial su internet, pizzaioli italiani e provando e riprovando l’impasto.

E alla fine di questo “studio e matto e disperatissimo”, poco meno di un anno fa nasce Impasti, la prima pizzeria tutta omanita che si vanta di avere un segreto speciale proprio nell’impasto.               – 48h di lievitazione a freddo e alta percentuale d’idratazione, un mix di farine sapientemente dosate, di cui l’unica svelata è quella 00. Il resto è top secret – mi dice Hajid ammiccando con simpatia – Usiamo solo prodotti organici e abbiamo investito tutto nella qualità degli ingredienti e nell’impasto, ovviamente

Il giovane team di Impasti, oltre alla ricetta, ha pensato a come fare della pizza uno strumento di cultura per trasferirne l’Arte, la Bellezza e la Tradizione che vi ruotano attorno.

Orgogliosi e soddisfatti di essere stati intercettati da un’italiana, mi hanno accolto con un sorriso contagioso nel nuovo branche di Ruwi, nella parte sud – est  della città.

Il primo punto vendita però è nato nella zona di Al – Ghubra, ed è un piccolissimo concept store di soli 20 mq, cosi lo definisce Haider.  – Eravamo ancora in pieno Covid quando abbiamo aperto – continua con determinazione – uno scenario incerto e un mercato non facilmente prevedibile. Abbiamo puntato sul take away e sul delivery per garantire un servizio che potesse raggiungere chiunque con facilità e senza dover affrontare la perdita del personale in sala -.

Oggi, in cosi breve tempo, hanno già aperto altri cinque branche in diversi altri punti della citta’ (Al – Khoud, Al – Amerat, Ruwi, Al-  Mabelah, Al – Hail) e contano di ampliarsi ancora, magari pensando anche ad un nuovo concept non limitato al take away..

Noi siamo “the people’s pizza” – mi dice Wafa – La nostra pizza è per tutti e tutti possono permettersela – Il prezzo, infatti, è più che mai popolare: la margherita costa solo 1 Omani rial (che corrisponde a poco più di 2 euro) e ha la dimensione giusta per essere mangiata in un boccone e per aver subito voglia di ordinarne un’altra e un’altra ancora.  Anche questo non è un caso, ovviamente.

Il progetto è davvero sorprendente. Oggi contano circa 40  dipendenti, la maggior parte omaniti su cui hanno investito nella formazione. Agganciandosi alle Università e ai College del territorio, hanno offerto un’opportunità di training ai giovani in cerca di lavoro partendo dal mestiere del pizzaiolo per poi dare spazio alle singole inclinazioni e formare uno staff che si occupi anche di logistica, marketing, sviluppo..

L’omanita ama cucinare e ama il cibo, non è stato difficile farli appassionare al fantastico mondo della pizza

Mi hanno dato l’opportunità di parlare da vicino con uno dei più giovani dipendenti, Anas, 23 anni. Terminati da poco gli studi in Ingegneria e in cerca di lavoro, ha iniziato come stagista frequentando il training di 45 giorni in cui ha imparato le regole dell’impasto, del topping, come infornare nonché la normativa sulla ristorazione e sulla sicurezza. Oggi Anas lavora negli uffici come Project manager, dedicandosi alla logistica e allo sviluppo di Impasti. Anas è felice del suo percorso e di lavorare negli uffici ma mi svela che la sera ama tornare Al – Ghubra dove ha imparato a fare la pizza.

Nel branche di Ruwi, abbiamo chiacchierato amabilmente per quasi due ore e tra una parola e l’altra mi hanno offerto un calzone ripieno alle verdure (sarà presto una news del menù..).

L’impasto è ottimo, nulla da dire. Morbido e friabile, resta leggero e digeribile. La mozzarella è fresca, le verdure delicate non prevaricano ma si armonizzano perfettamente con la salsa di pomodoro. La punta di basilico, poi, è una nota ricercata che ti riporta alla memoria il piacere della tradizione antica. Sa d’Italia.

Forse l’unico punto debole è la salsa di pomodoro perché il retrogusto di aglio si lascia sentire.

Lo sappiamo. Ma è il compromesso con il gusto local a cui abbiamo  dovuto cedere -.

E’ vero. Nella cucina asiatica l’aglio è un must irrinunciabile e si fa fatica ad abituarsi ai sapori più neutri.

Mi guardano compiaciuti, sanno che la pizza Impasti Made in Oman è buona anche per me, italiana.

In fondo, saremmo stupiti anche noi di conoscere un bravo produttore di datteri in Italia! – e ridiamo di gusto.

Il segreto, penso, è proprio in questa condivisione di cui la pizza ne è sempre stata massima espressione.

Raffaella Murdolo

Raffaella Murdolo, calabrese, vive da sei anni a Muscat, capitale del Sultanato dell’Oman dove lavora per la Royal Opera House in qualità di Artistic Programming Manager e Supervisor del dipartimento...

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