Milanese di nascita ma piemontese per famiglia e formazione, Andrea Ribaldone cresce nelle cucine di Riccardo Aiachini, fondatore del Ristorante La Fermata di Alessandria, che considera suo maestro di vita e di lavoro. Lì ottiene nel 2003 la sua prima Stella Michelin.
Dopo aver lavorato con il celebre chef francese Alain Senderens a Parigi al ristorante Lucas Carton ed esser stato executive chef di Eataly Tokyo, nel 2012 fonda ARCO srl, società di management nella ristorazione e, nel 2014, apre il ristorante I Due Buoi ad Alessandria, premiato con la Stella Michelin nel dicembre 2015.Nel 2016 inizia la sua consulenza in Puglia dove coordina, insieme a Domenico Schingaro, i sei ristoranti di Borgo Egnazia e, a marzo 2017, lascia Alessandria per aprire Osteria Arborina nella frazione Annunziata di La Morra, nelle Langhe, valutata “Miglior performance dell’anno” dalla Guida de l’Espresso dei Ristoranti d’Italia 2018 e premiata con la Stella Michelin a solo nove mesi dall’apertura.
Da settembre 2018 è responsabile di tutta la ristorazione a Identità Golose Milano, primo hub internazionale della ristorazione.
Ciao Andrea, possiamo dire che hai la cucina nel tuo DNA, come tua madre che ti ha trasferito l’amore per le cose buone?
Ciao! Credo che l’amore per il buono nasca per tutti in famiglia. Avere un genitore che ti abitua a mangiare cose buone e coltiva la passione per la cucina, aiuta certamente a sviluppare il gusto. Oltre a mia madre devo ricordare il nonno, cultore di ogni piatto di qualità.
Hai iniziato a cucinare con Riccardo Aiachini nel 2000 presso La Fermata di Spinetta Marengo, che esperienza è stata e cosa porti con te?
Sicuramente con Riccardo, con il quale ho condiviso 13 anni di vita lavorativa, ho imparato non solo a cucinare ma anche la passione per questo mestiere, oltre all’importanza del lavoro di squadra.
Vanti importanti esperienze anche all’estero, hai frequentato le cucine del “Lucas Carton” di Parigi e sei stato executive chef e consulente di Eataly Tokyo, che ti hanno insegnato?
Lavorare all’estero significa confrontarsi con altri popoli, mentalità e metodi di percepire ed intendere la cucina. Credo che questo passaggio lavorativo sia fondamentale per un professionista. Personalmente ha influenzato, e tuttora influenza, la mia visione di cucina.
Anche esperienze in TV con La Prova del Cuoco, come ti trovi difronte una telecamera?
Fare programmi televisivi aiuta molto a sviluppare l’aspetto divulgativo del mio mestiere. Credetemi, non è per niente facile raccontare, cucinare e rispettare i tempi televisivi nello stesso momento.
I piccoli piatti che fanno grande la cucina e Le marinature, alcuni delle tue pubblicazioni, ci racconti la loro genesi?
Sono 2 libri tecnici rivolti a professionisti. Grazie ad un team affiatato come Allan Bay e Manuela Vanni, abbiamo potuto realizzare questi volumi di cui vado fiero e che trattano due tematiche che amo molto e che spero piacciano anche al pubblico.
Nel giugno 2014 apri ad Alessandra I Due Buoi, una stella Michelin nell’edizione 2016, cosa hai provato?
Certamente ricevere la stella è una grande emozione. E’ il punto di arrivo di un percorso fatto e rafforza la volontà e la passione che ogni giorno mettiamo nel nostro lavoro. Al tempo stesso non può essere mai il punto di arrivo, ma piuttosto la spinta ad un continuo miglioramento, visto che va confermata ogni anno.
Nel 2015 ricopri il ruolo di executive chef delle cucine di Identità Expo ci racconti com’è nato il progetto e quali obiettivi si poneva?
Insieme a Paolo Marchi, Claudio Ceroni ed il mio socio Salvatore Iandolino abbiamo gestito la parte operativa di questo straordinario progetto, che si è imposto come un unicum nel panorama della ristorazione di Expo. Sono passati più di 200 cuochi da quelle cucine, e circa 56.000 clienti durante l’arco di 6 mesi. E’ stato un modo per divulgare in maniera democratica la grande cucina gastronomica italiana e internazionale, e, per quanto ci riguarda, ci ha offerto l’occasione di conoscere le cucine dei colleghi in maniera profonda ed appassionata.
Nel 2017 il tuo nuovo progetto all’Osteria Arborina, nell’omonimo Relais a La Morra, nelle Langhe, dove ti aggiudichi il premio “Miglior Performance dell’anno” per la Guida Espresso dei Ristoranti d’Italia 2018 e la stella Michelin, sarà stato un anno impegnativo, come lo hai vissuto?
In realtà questi 2 premi sono arrivati grazie a lavoro di una squadra straordinaria come quella di Osteria Arborina, che ha lavorato all’unisono fin dall’inizio e che continua tutt’oggi. Tanta fatica insomma, ma quando il buon lavoro viene riconosciuto da guide ed ospiti, beh, è lì che uno si sente ripagato in toto.
Ci puoi descrivere i 2 menù degustazione: L’Iconico e L’Ostico?
I due nomi simpatici sono stati pensati per descrivere ciò che rappresentano: l’iconico è la tradizione, sono presenti i piatti simbolo del territorio, e, nel periodo autunnale, vengono arricchiti dal simbolo per eccellenza delle Langhe, il tartufo. Il secondo menu è stato invece studiato per sdoganare l’idea elitaria associata troppo spesso alla cucina gastronomica, è un invito ad assaggiare ed apprezzare un menu più tecnico.
Nonostante i miglioramenti qualitativi degli ultimi anni, che cosa allontana ancora gli italiani dalla ristorazione alberghiera?
Come detto in precedenza, probabilmente è l’idea che un ristorante gastronomico possa essere frequentato solo da un’elite. Un locale stellato va invece inteso come un luogo esperienziale. Personalmente, preferisco uscire una volta in meno ma avere la possibilità di vivere un’esperienza a tutto tondo da collega che fa alta cucina.
Hai detto: “L’umiltà è il sentimento che ci deve accompagnare nel nostro percorso di crescita, si deve essere dei pazzi lucidi”, cosa intendi?
Ultimamente i cuochi sono al centro di una grande attenzione mediatica, il ché spesso crea problemi di “ego”. Credo sia importante tenere i piedi per terra e continuare a svolgere la professione con umiltà. Al tempo stesso però, un animo folle, creativo e fanciullesco, permette di sopportare le fatiche di un lavoro comunque sempre duro, e di sorridere e divertirsi ogni giorno in quel che si fa.
Sei milanese di nascita ma piemontese per famiglia e formazione, quali sono i piatti di queste regioni che porti nel cuore e perché?
Gli agnolotti di mia zia e di mia mamma, e gli gnocchi e tagliatelle fatte assieme la domenica.
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Continuare ad essere sorridente quando mi alzo la mattina. Ed essere sempre soddisfatto e felice di ciò che sto costruendo.