Isabella Potì, giovane, talentuosa e determinata, è stata nominata una delle 20 pastry chef migliori per Gambero Rosso; promessa mantenuta della cucina Italiana.
Inizia la sua esperienza in pasticceria moderna e classica con i Pellegrino Bros. Continua le sue esperienze professionali alla corte dello chef Cloude Bosi a Londra e dallo chef basco Martin Berasategui. Nel 2016 lavora in pasticceria dallo chef Paco Torreblanca e si aggiudica il premio Chef Emergente Sud, Luigi Cremona.
Nel 2017 è nella lista di Forbes 30 Under 30 nella categoria Art. È considerata una delle dieci donne più influenti della cucina italiana. Nel 2017 insieme a Floriano Pellegrino ottiene il premio Performance dell’anno per le Guide dell’Espresso raggiungendo con il ristorante Bros’ i 3 cappelli . Sempre lo stesso anno, le esperienze continuano nelle brigate di Mauro Colagreco nel suo ristorante Mirazur, con Rasmus Kofoed presso Geranium.
Ecco la nostra chiachierata con lei
Ciao Isabella, sei molto giovane ma hai già collezionato esperienze importanti all’Hibiscus a Londra (un anno presso il due stelle Michelin), con il tristellato Martin Berasategui e poi con Paco Torreblanca, cosa ti hanno lasciato?
Tutte le trascorse esperienze professionali non potevano che lasciarmi tutto ciò che di buono se ne può trarre. Innanzitutto mi hanno consentito di maturare tantissimo nonostante la giovanissima età, mi hanno resa autonoma, mi hanno permesso di imparare le lingue, sempre utili nel mio mestiere, e di diventare la sous chef e la pastry chef che sono. Ognuno di questi viaggi mi ha permesso di entrare in cucine stellate dalle quali ho tratto insegnamenti fondamentali alla mia formazione, sia a livello strettamente gastronomico, sia a livello umano.
Iniziano poi ad arrivare grandi premi come chef Emergente Sud 2016, e nel 2017 il premio Performance dell’anno per le Guide dell’Espresso, l’inserimento nella lista delle 20 pastry chef migliori per Gambero Rosso, e soprattutto la menzione su Forbes, nella lista 30 under 30, quella che premia i giovani più talentuosi d’Europa, come ci si sente e soprattutto ti sei montata la testa?
Questi riconoscimenti internazionali e non, non mi hanno cambiata assolutamente. Mi hanno sicuramente resa orgogliosa del lavoro fatto fin ora e di tutti i sacrifici che sicuramente sono valsi a raggiungere questi risultati; sono riconoscimenti che mi stimolano e che mi mettono alla prova costantemente, con l’obiettivo di migliorarmi ogni giorno per non deludere le mie aspettative e quelle di coloro che credono in me.
Poi hai sei ritornata alle origini, con Bros, ci racconti come nasce l’idea e com’è lavorare con il proprio fidanzato in cucina?
Bros’ è un progetto pensato e messo in piedi nel dicembre del 2015, solo 2 anni e mezzo fa quindi. Io e il mio chef, nonché compagno di vita, Floriano, ci siamo conosciuti durante i nostri viaggi all’estero ed è stato proprio in quegli anni che abbiamo cominciato a maturare l’idea di ritornare nella nostra terra portando nei nostri bagagli tutto il “sapere” accumulato e la grande voglia di avviare qualcosa che a Lecce non esisteva ancora.
Abbiamo creato una squadra e con il duro lavoro di ogni giorno facciamo in modo che il nostro sogno continui.
Essere compagni di vita, nel nostro ristorante, prescinde da lavoro e professionalità: tra le mura di Bros’, differenziamo ruoli e responsabilità; cerchiamo, dunque, di scindere, anche se non è per nulla semplice, vita privata da quella professionale. Rimaniamo concentrati sul lavoro quotidiano e ci stimoliamo a vicenda.
Come hai composto la parte del menu dedicata ai dolci?
Nei mie dessert da inserire nel menu cerco sempre di dare la mia impronta e il mio stile che deve essere consono, maturo e assolutamente in linea con i consigli che il mio chef mi impartisce.
Nella creazione di un dolce prediligi il gusto o la forma, e soprattutto quante prove fai prima di approvarlo nel menù?
Nella creazione di un dolce per me è importante il gusto tanto quanto la forma. Da Bros’ i dessert sono dolci al piatto, per cui l’aspetto è assolutamente fondamentale nello stimolare la vista e le emozioni di coloro che andranno ad assaporarlo. Il gusto è al primo posto: l’utilizzo di ingredienti freschi, di prodotti che siano della stagione in corso, abbinamenti che siano creati con intelligenza; ma tutto questo non può prescindere da un impiattamento che ne risalti ancora di più il sapore.
Quali sono le differenze tra pasticceria classica e pasticceria da ristorante?
La pasticceria classica si distingue, e non poco, da quella da ristorante.
Quella tradizionale è legata alla piccola pasticceria, al vassoio e al legame coi clienti; diversamente da questa, quella da ristorante rappresenta la continuazione, nonché il gran finale, di un’esperienza gustativa fantastica.
Sei considerata la regina del soufflè. Dici spesso che ti rappresenta. Che cosa intendi?
Il soufflé un dolce che è entrato nel sangue, circa 6 anni fa. E’ un dessert di pura tecnica, lo evolvo in continuazione e lo presento costantemente nel mio menu utilizzando gli ingredienti della stagione per modificarlo di volta in volta.
Qual è però il dolce che preferisci mangiare? Ne hai una versione personalizzata?
Uno dei miei dolci preferiti è la cassata, magari quella di Corrado Assenza, pasticcere siciliano. Non lo conosco personalmente ma ne ho grande stima.
Nel nostro ristorante non rivisitiamo nulla, piuttosto sviluppiamo i nostri piatti partendo dalle tecniche classiche dei grandi piatti classici ed intramontabili.
Com’è la giornata tipo di Isabella Potì?
La mia giornata tipo è: svegliarmi al mattino molto presto, mangiare della frutta e correre in ristorante per rimanerci circa 18 ore al giorno, tra preparazioni e servizi a pranzo e cena. Le giornate trascorrono veloci e sempre con ritmi molto serrati. Adesso però, stiamo anche cercando di ritagliare del tempo per noi, dedicandoci a quelle attività che ci consentano di distrarci e di prenderci cura della nostra persona: per lavorare bene e rendere al meglio, occorre anche questo.
Sei stata ospite di Masterchef Italia 7, che ne pensi di questo tipo di format in tv?
Non avevo mai avuto a che fare, sino a quel momento, con i giudici di MasterChef per via della mia giovane età e del molto lavoro in giro per l’Europa. È stata un’esperienza che ha arricchito ancor di più il mio bagaglio lavorativo e umano, oltre ad avermi permesso di conoscere gente fantastica. E’ un format televiso che funziona, forse quello tra i tanti che funziona meglio e che è maggiormente conosciuto, in Italia e nel resto del mondo.
E’ sicuramente un’esperienza utile per i concorrenti, consente anche di avere grande notorietà fin da subito, soprattutto per il vincitore; la cucina di alto livello è però molto altro, è continuo studio e continua crescita, sopratutto sul campo.
Per la sfida di MasterChef i concorrenti hanno dovuto preparare un dessert al piatto che contenesse una pasta frolla, una mousse e un pan di spagna. Tu cosa avresti preparato? Ma soprattutto quale quale gruppo di ingredienti avresti scelto tra quelli possibili (frutti, verdure, formaggi e cioccolato)?
Nella mia batteria di dolci, in carta, c’è sempre un dessert alla frutta: per cui sarebbe stato proprio questo il gruppo di ingredienti che io avrei scelto.
Avrei sicuramente preparato una pera infusionata alla verbena, con una mousse al caramello ghiacciata nell’azoto liquido. Ed una volta ghiacciata caramelizzata.