Abbiamo ricevuto questa lettere del ristoratore caprese Marco D’amore, proprietario del Ristorate d’Amore della fantastica isola di Capri. Il suo non è uno sfogo ma una serie di considerazioni a valle del tuo protocollo di sicurezza che hai inviato al Presidente De Luca da parte dello Chef Gennaro Esposito.

 

Gentile Gennaro,
permettimi di dissentire totalmente dal tuo parere e dal tuo protocollo di sicurezza che hai inviato al Presidente De Luca.
Il tuo protocollo di sicurezza sembra più un manuale di franchising di qualche catena internazionale degli anni ’80, dove predomina la totale spersonalizzazione del servizio. Una cosa è il distanziamento sociale, un’altra l’umiliazione del maître di sala e del servizio rendendoli dei meri portapiatti e burocrati, con ordini inviati online e tenuta di registri clienti (o appestati) come hai sottolineato nell’articolo ( ndr sul sito di Luciano Pignataro).
 
La sicurezza dei clienti e del personale è prioritaria, non ci sono dubbi, ma lasciamo la possibilità di far venire le persone al bar, al ristorante, e lasciamogli il calore e la convivialità… altrimenti stiamo chiusi! L’esperienza del ristorante si deve percepire, anzi assaporare sempre, in qualche modo.
 
Una cosa giusta che hai detto è che dopo l’11 settembre è cambiato il modo di volare, ma proprio da quell’evento possiamo partire. Oltre ad avere più sicurezza di base, i livelli possono cambiare in base al rischio “terrorismo”, da basso ad alto. Quando il livello è alto i controlli aeroportuali sono più stringenti, quando è basso lo sono meno. Facciamo un protocollo su questa falsariga: quando il livello del contagio è alto, per esempio la variabile R0 o altre variabili stabilite dall’I.S.S. (Istituto Superiore della Sanità), e aumenta il rischio, ci adeguiamo a regole ferree, come la tua proposta, ma se il rischio è basso… perché essere così restrittivi? Questo è un punto da segnalare al Presidente De Luca. Se ci sono 5 contagiati o 2000 non è la stessa cosa.
Continuando con il tuo protocollo e il relativo articolo, far gravare il piccolo ristorantino o bar con il registro clienti diventa oneroso in termini di tempo ed economici, in quanto va predisposto un registro “GDPR compliant”. Inoltre la misura di 2 metri tra un commensale ed un altro (come da primo protocollo poi rivisto ad 1 metro), e tra il dorso di una sedia e un’altra è ben superiore ai 10 mq che consiglia l’OMS (semplice analisi matematica) se consideri lo spazio di 60-70 cm per la seduta del cliente. Inoltre in questo modo non ottimizzi neanche spazi disomogenei che non sono rettangoloidi, creando inutili barriere e diminuendo il numero dei coperti.
 
Inoltre altre nazioni, di primaria importanza come la Svizzera (Canton Ticino), permettono tavoli “normali” fino a 4 persone, senza costringere il ristoratore a fare il poliziotto nel chiedere con chi vivi e perché (rendendo ancora più gravoso il registro GDPR compliant). Anche perché molto probabilmente quelle 4 persone verranno insieme al ristorante. Inoltre considera che fra 15-30-40 giorni si potrà andare a casa degli amici a cenare, e cosa cambia? In quell’occasione possono stare vicini e al ristorante invece no? Quindi un po’ di buon senso. Il nuovo protocollo approvato varrà fino alla sconfitta di questo virus… non castriamoci inutilmente, sicurezza sì, certamente, ma pensiamo bene a come muoverci con il supporto e l’approvazione della comunità scientifica.

Redazione Foodmakers

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