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Expo è stata un grande vetrina per tutte le aziende operanti nel settore del food ma sopratutto per le startup. Alcune di queste stanno diventando delle vere e proprie aziende che presentano un alto livello di innovazione.

Secondo la stima del Future Food Institute, in Italia sono 350 le food startup specializzate in diversi segmenti: il 32% è attivo in ambito agritech-sostenibilità, il 20% si occupa di sharing economy, il 12% di e-commerce & distribuzione, l’11% di sicurezza e salute, il 9% di super food e, infine, il 5% di retail.

In Italia il comparto agroalimentare risulta sicuramente uno dei settori più importanti della nostra economia con un valore di circa 135 miliardi di euro. Al suo interno il solo comparto del food delivery vale 400 milioni di euro. A livello mondiale, le startup legate al food hanno attratto 5,7 miliardi di dollari di finanziamenti (1,4 miliardi in Asia, 1,38 miliardi in Europa e 949 milioni negli Usa).

Secondo Pier Sandro Cocconcelli, direttore di ExpoLab di Università Cattolica, “è po’ presto per capire quale sia l’eredità di Expo per le start up del food, anche se è chiaro un beneficio: l’apertura internazionale”. L’agritech sembra dominare il terreno. Ma va compreso a fondo: “C’è questa visione un po’ ingenua delle start up dell’agricoltura come un “ritorno alla tradizione” – dice Cocconcelli – In realtà si tratta di un settore al altissimo tasso innovativo, dove l’Italia può iniziare ad attrarre capitali importanti”.

Luigi Cristiani

Laureato in Economia, ha poi conseguito un MBA presso lo Stoà. Lavora in Enel Green Power dove si occupa di pianificazione e controllo . Dal 2010 scrive su diversi blog di economia e finanza (Il Denaro,...

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