Passione, studio da autodidatta, dedizione e talento naturale, ecco cosa contraddistingue Marco Carta. Un vero produttore di idee che non si fermano alla teoria ma che, per la sua determinazione, diventano opere pratiche.

Oggi, anche grazie a lui e alla sua famiglia, Laconi, un piccolo borgo del Sarcidano, nel centro della Sardegna, è universalmente riconosciuto come il paese del tartufo.

L’ho intervistato per i lettori di FoodMakers.

Marco, come è nata e si è sviluppata la tua conoscenza del tartufo sardo?

Sono cresciuto a Laconi, in una famiglia di agricoltori e allevatori. Da adolescente, parlo di circa 45 anni fa, andavo ad accudire il bestiame nelle campagne di nostra proprietà. In alcuni periodi dell’anno, era frequente incontrare delle persone non del luogo. La cosa che trovavo più insolita è che si muovevano nei terreni, muniti di piccozze e soprattutto con dei cani al seguito.

Un giorno, mi armai di coraggio e chiesi delle spiegazioni, ottenendo una risposta che non soddisfò la mia curiosità. Mi dissero infatti di essere degli osservatori interessati alla flora locale, in particolare alle orchidee selvatiche.

Mi hanno voluto volontariamente nascondere, ciò che già allora sapevano bene, ovvero, che in Sardegna si potevano trovare i tartufi. In realtà io mi ero già accorto della presenza di questi preziosi funghi, perché erano evidenti nel terreno, gli scavi fatti dai cinghiali selvatici che adorano mangiarli, e ogni tanto mi capitava di trovarne qualcuno in superfice.

Inizialmente facevo fatica a notarli perché piuttosto scuri e grinzosi, tanto da ricordare le radici delle piante sotto le quali crescevano. Col tempo mi sono documentato e ho capito esattamente di cosa si trattasse, ovvero, di funghi sotterranei commestibili, con il corpo fruttifero a forma di tubero, che rappresentano un immenso valore per il territorio.

Oggi, grazie alla tua intuizione, questa è diventata l’attività di famiglia con un’azienda che esporta tartufi sardi in tutto il mondo.

Si, infatti, L’Isola dei Sapori è l’unica azienda in Italia dove si segue tutta la filiera produttiva. Dalla piantagione delle tartufaie, alla raccolta con i cani, fino alla trasformazione e alla vendita dei prodotti a base di tartufo. E qui si evidenzia la qualità del raccolto, biologico e sostenibile per natura, perché andiamo a intervenire in terreni incontaminati e lontani dalle zone agricole, certificando il tartufo sardo come uno tra i migliori in commercio.

Com’è strutturato il vostro lavoro?

La nostra è un’azienda familiare composta da me, la mia ex moglie Eleonora Caredda e le mie figlie, Veronica e Federica, la titolare. Il mio ruolo è legato allo studio e all’elaborazione dei prodotti a base di tartufo.

Di recente, l’Isola dei Sapori ha aperto Emerald Tartufi, un negozio monomarca a Cagliari, gestito da Veronica e Federica, dove chiunque può trovare i nostri prodotti dei quali garantiamo l’alta qualità.

L’isola dei Sapori ha anche una linea dedicata alla GDO, uno shop-on-line, che ci ha aperto delle vie commerciali importanti anche all’estero, e rifornisce numerosi ristoranti di fascia alta, oltre ai negozi specializzati, arrivando a venderli persino a delle gioiellerie che li hanno inseriti tra i loro preziosi.

Che tipo di vegetazione favorisce la crescita del Tartufo?

Nel nostro caso, la macchia mediterranea. Quindi parliamo del leccio, della roverella, del corbezzolo, del cisto e il nocciolo, che si presta ad essere inoculato con il micelio. Nei terreni a scarsissimo valore agricolo è più facile trovarli.

Mi descrivi il procedimento di impianto?

Si parte dal seme favorendo la germinazione, e nel caso delle ghiande, si attendono circa 8 mesi che la piccola pianta raggiunga l’altezza di 10/15 cm. A quel punto interveniamo sulle radici, sterilizzandole per eliminare eventuali spore non idonee e andiamo ad inoculare quelle del tartufo.

Poi provvediamo a collocare le piantine in campo aperto e lasciamo che facciano il loro corso. Il nostro ruolo è facilitato perché il territorio di Laconi è particolarmente vocato per il tartufo grazie alla sua composizione calcarea.

La natura ci tende la mano e noi, di ricambio, agevoliamo il processo spontaneo di nascita e crescita del fungo, reinserendo nel bosco tutte le acque di lavaggio contenenti le spore residue che andranno a reimpiantarsi nel terreno.

Cos’è il tartufo e quali tipologie si trovano in Sardegna?

Il tartufo è il corpo fruttifero di un fungo che compie l’intero ciclo vitale sottoterra, vivendo in simbiosi con alcuni tipi di piante arboree. È formato da una massa carnosa, la Gleba, che presenta venature ramificate più o meno ampie, e da una scorza ruvida e spessa, il Peridio.

Alcune specie sono diventate molto pregiate perché protagoniste di preparazioni alimentari ricercate e costose, grazie al loro profumo e al sapore persistente.

In Sardegna, cosa ancora poco nota, abbiamo tutti i tipi di tartufo, ad esclusione del Tuber Magnatum Pico ovvero il bianco pregiato che non è mai stato trovato.

Volendo fare una classifica dei tre prodotti più rinomati, arrivano in linea di importanza il Melanosporum, poi il Brumale e infine il Moscato. Questi tre tartufi neri di pregio, si distinguono per il loro profumo e per la loro gleba interna. La raccolta avviene da dicembre fino ad aprile.

Il Melanosporum ha una scorza nera, liscia e non marcata. La Gleba è molto scura con delle striature rugginose. Viene chiamato anche nero dolce, perché ha un profumo piacevole e delicato.

Il Moscato somiglia al Melanosporum, dal quale si distingue per la gleba che risulta non nera ma grigia.

Invece il Brumale è totalmente grigio scuro, con la gleba dalle venature bianche e rugginose.

C’è da tenere presente che i tre si somigliano molto e bisogna essere dei cercatori esperti per distinguerli.

Quelli considerati meno pregiati, sono i tartufi estivi, lo Scorzone o Tuber aestivum, con la buccia che risulta irregolare e marcata e il classico Bianchetto o Tuber Borchii. Quest’ultimo, non presenta una scorza evidente, e la gleba ha una fragranza che ricorda quella dell’aglio, perfetta per valorizzare certe ricette.

Come avviene la raccolta?

I tartufi, come tutti i frutti della terra, devono essere raccolti al momento giusto, ovvero quando lo sviluppo è completo.

Il modo migliore di procedere al loro espianto è utilizzando i cani debitamente addestrati, che non sbagliano, perché trovano solo ed esclusivamente i tartufi maturi, quindi pronti da consumare.

Purtroppo, in certi casi le persone si improvvisano, rovinando le tartufaie con la zappa o con il rastrello, raccogliendo anche quelli non ancora pronti che poi, immessi nel mercato rovinano l’immagine del prodotto.

Ecco perché è bene che chi acquista i tartufi si rivolga a cercatori competenti e soprattutto rintracciabili.

In cosa consiste l’addestramento dei cani da tartufo?

Con un giusto addestramento si crea un rapporto giocoso tra il padrone e il cane, entrambi si divertono, e allo stesso tempo si raggiungono i risultati sperati. È importante che si inizi molto presto, con dei cuccioli appena svezzati, procedendo con pazienza fino a notare i progressi.

Secondo il mio parere, i cani meticci sono in assoluto i più adatti, perché particolarmente intelligenti e ricettivi.

Noi disponiamo di 40 ettari di zona impiantata, ideali per formare i cani da tartufo. Quindi, chi è interessato, può portare il proprio cucciolo che verrà coinvolto in questo percorso ricco di soddisfazioni anche a livello umano, perché è come insegnare ad un bambino a camminare.

Parliamo di cifre. Producete in grande quantità?

Diciamo che i numeri sono piuttosto interessanti. In questi ultimi anni c’è stata qualche difficoltà per la raccolta a causa della siccità, quest’anno, invece, si prevede una buona annata.

Nella zona di Laconi, nel cuore della Sardegna, molti ettari di terreno sono calcarei, pietrosi e non permettono altre coltivazioni.

Questa potrebbe sembrare una condizione di svantaggio, ma la realtà è ben diversa. Qui i terreni nascondono un tesoro che può garantire un futuro con un minimo sforzo a tanti ragazzi che non ne sono consapevoli e, non trovando uno sbocco occupazionale, cercano fortuna altrove.

Quindi secondo te il mercato può ancora crescere?

Il mercato sta nascendo adesso, siamo ancora a un livello embrionale, ciò che noi facciamo ha grandissime potenzialità.

Fin da quando abbiamo iniziato, è stato naturale coinvolgere persone che già praticavano una raccolta occasionale e oggi siamo diventati il principale centro di ritiro del tartufo sardo.

Attorno alla nostra azienda gravitano 30 famiglie, ma il giro d’affari potrebbe ampliarsi ancora di più senza troppa fatica. Si tratta di un lavoro articolato che richiede molta manodopera. Dal piantare le tartufaie, coltivarle, seguirle, arrivando a vigilare e proteggere l’ambiente che ci circonda, mai come oggi ne abbiamo bisogno. Poi c’è tutto l’indotto che raggiunge il culmine con il turismo esperienziale

Voi fate anche delle visite guidate…

Si esatto, organizziamo delle escursioni per coinvolgere i visitatori nella raccolta del tartufo, immersi nella natura per una giornata intera, in un bosco di nocciole, lecci e roverelle, dove sta nascendo una tartufaia sperimentale con la collaborazione del CNR e dell’Università di Sassari.

In pieno periodo Covid abbiamo ristrutturato un vecchio “pinnetto”, una capanna in pietra e tronchi di leccio con sopra il cisto seccato, usata in antichità come rifugio dai pastori, che riesce ad ospitare fino a 40 persone.

Un lavoro architettonico complesso, con i massicci tavoli di legno e pietra, gli ombrelloni di frasche e una sorgente naturale che sgorga da una roccia calcarea, dove tutto è disposto alla perfezione per accogliere gli ospiti.

Questo luogo ha preso il nome di “Capanna del cervo” perché, soprattutto all’imbrunire o la mattina all’alba, è facile vederli brucare nei dintorni.

I pranzi sono organizzati interamente da me e dai miei collaboratori. Antipasti con salumi e formaggi del posto, arrosto di cinghiale e la pasta al forno in bianco come veniva preparata un secolo fa. Cotta nella brace e con la cenere calda posizionata sul coperchio della grande teglia. In questo modo la pasta cuoce uniformemente e acquista un sapore unico dato dagli aromi del legno.

Non possono mancare il classico maialetto sardo, la pecora arrosto o in cappotto e poi il cinghiale alla cacciatora, marinato nel vino rosso corposo e cucinato a lungo.

I visitatori trovano qui un clima ideale nella stagione estiva, lontano dalla calura della pianura. E possono raccogliere i tartufi che si trovano sotto le piante inoculate, riconoscibili da dei cartellini attaccati ai rami.

Come si svolgono la lavorazione e la vendita?

Il prodotto trovato viene portato in azienda dove facciamo una prima selezione. I tartufi migliori, più grandi e profumati sono venduti interi ai nostri clienti. Quelli non intatti perché magari danneggiati durante la raccolta, restano prodotti d’eccellenza, e diventano la base delle creme vegetali a base di tartufo.

La raccolta e l’immediata lavorazione permettono ai tartufi di mantenere la loro fragranza e le proprietà nutrizionali. Ecco perché i nostri prodotti si distinguono da quelli della concorrenza.

I luoghi dove cercarli sono riconoscibili?

Le zone di crescita del tartufo nero sono facilmente individuabili perché, sotto gli arbusti si forma una sorta di “pianella” e l’erba tende a seccarsi. Il fungo, infatti, va ad assorbire tutte le sostanze nutritive del terreno, formando una macchia bruciata.

I tartufi normalmente crescono in modo naturale nel bosco, tu come decidi dove impiantare le tartufaie?

La mia non è una scelta casuale, c’è dietro uno studio che richiede una conoscenza dettagliata delle condizioni ideali. Inizialmente si procede con l’analisi chimica del terreno, che deve presentare un pH non inferiore a 6.5 e una percentuale di calcare idonea.

Ogni pianta ha una sua micorizzazione, nel cartellino che attacchiamo ai rami, è riportata una sigla che corrisponde al tipo di tartufo inoculato.

In certe zone, dove ho riscontrato la crescita naturale dei funghi, mi limito a seminare nuove piantine che poi si contaminano tra loro, perché il micelio che cresce nel sottosuolo si espande per ampi spazi.

Un ruolo fondamentale nel processo di diffusione del tartufo ce l’ha il cinghiale, che nutrendosi di questi funghi e spostandosi nei boschi, inocula naturalmente il terreno.

Cosa vi riserva il futuro?

Due anni fa abbiamo partecipato ad un importante piano comunitario a sostegno di progetti pilota sullo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie sull’azione 16.2.

Con l’Università di Sassari, il Centro Nazionale Ricerche, e l’Università di Bologna abbiamo presentato un’idea imprenditoriale che si chiama “Valorizzazione del Tartufo Sardo”.

Partendo dallo studio del DNA del prodotto, con in aggiunta delle erbe officinali spontanee che crescono nel territorio e l’olio extravergine d’oliva, ho realizzato quattro preparati che non hanno eguali in altre parti nel mondo.

Un antiinfiammatorio, un antibiotico, un antinvecchiamento cutaneo e un vasodilatatore.

Quest’ultimo, grazie alla presenza del testosterone, principio attivo dei tartufi, rappresenta una sorta di Viagra naturale di grande efficacia. Unito al cioccolato, al peperoncino e alla melagrana diventerà un ricercato dessert afrodisiaco.

Adesso si sta procedendo a portare avanti gli studi scientifici con l’Università di Sassari per poterli etichettare e commercializzare.

Il tartufo è piuttosto costoso, ritieni sia ancora un prodotto di nicchia, oppure il mercato sta cambiando?

Il tartufo viene considerato alla stregua di un gioiello. Il mercato è fortemente condizionato dal clima e cambia in funzione di questo. La raccolta attuale non si può paragonare a quella di qualche decennio fa perché la domanda cresce mentre la produzione è decisamente inferiore.

In questo periodo si trova il tartufo invernale, ovvero il bianchetto e il nero pregiato. Oggi la quotazione del primo, al dettaglio, è di 800 euro al kg mentre il nero pregiato va dai 1000 ai 1600 euro al kg.

Il prezzo dipende da tanti fattori, dalla pezzatura, dalla consistenza, dalla dimensione, dalla conformità del tartufo e chiaramente dalla buona annata.

Quali sono le condizioni climatiche ideali per trovare quelli più pregiati?

Se si parla di tartufi invernali, quelli più ricercati, le piogge nei periodi estivi sono quanto di meglio ci si possa augurare, perché permettono al micelio di svilupparsi in modo ampio, determinando un raccolto più abbondante e la crescita di esemplari di dimensioni notevoli. Qui in Sardegna abbiamo dei tartufi che arrivano a pesare anche 1 kg e 200 grammi.

L’azienda oggi, risulta essere ancora più sostenibile perché ha deciso di eliminare gli imballaggi in plastica e di sfruttare il calore del sole per produrre energia elettrica. Quindi dice basta all’inquinamento e introduce il cartone per tutti i contenitori.

Prima di salutarci, Marco mi accompagna a visitare il suo laboratorio e le celle frigo in cui sono contenuti i preziosi tartufi. I profumi inebrianti di erbe officinali e di macchia mediterranea sono inconfondibili e si mischiano all’aroma delle glebe e del miele, prodotto base per la realizzazione di nuove brillanti idee.

Insieme alle infiorescenze di Cannabis Sativa, il miele di corbezzolo amaro e il propoli vivo, con un’integrazione migliorativa, sono diventati un ottimo ricostituente e un antimicotico naturale.

Crediti foto Maurizio Melis

Sara Sanna

Ho 49 anni e abito in Sardegna. Ho lavorato come tecnico del restauro archeologico prima, poi, come guida turistica e operatrice museale presso la "Fondazione Barumini Sistema Cultura" che si occupa della...

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