Marco Pinelli è uno chef di origine napoletane che per lavoro ha girato il Mondo Londra, Malta, gli USA e ora recentemente lo chef è approdato al Cristallo, a Luxury Collection Resort & Spa di Cortina, un luogo magico incastonato tra le meravigliose Alpi.
Lo abbiamo intervistato:
Ciao Marco, come nasce la tua passione per la cucina?
Ho iniziato questa professione quando ero molto giovane, ad un certo punto mi sembrava di odiare questo lavoro ma poi ho capito che questa esperienza mi avrebbe dato un vantaggio rispetto a coloro che iniziavano questo percorso di vita professionale da adulti. Questo non per le tecniche acquisite o ricette raccolte ma per aver capito e accettato in anticipo il sacrificio e la dedizione che la cucina richiede. La vera passione è nata quando ho iniziato a viaggiare venendo a contatto con il vero mondo della gastromia d’alto livello, fatto di materie prime d’eccellenza, disciplina, rispetto, lavoro di squadra e metodi nuovi. Tutto questo mi ha stimolato a dare sempre di più per raggiungere i miei obiettivi futuri
Sei un cuoco giramondo, una necessità o un modo per conoscere culture culinarie diverse?
I motivi sono stati entrambi. Inizialmente è stata una necessità, Napoli mi stava stretta, avevo capito che mi serviva una lingua per viaggiare e fare nuove esperienze con il mio lavoro, prima tappa Londra. Durante il primo anno e mezzo ho fatto lavori sempre nell’ambito ristorativo che non mi davano soddisfazione.
Nel frattempo iniziavo a masticare un po’ d’inglese e iniziavo a sentirmi sempre più confidente con questa lingua, quando poi si è presentata l’opportunità di entrare a far parte della cucina dell’Hotel The Dorchester, da lí si è aperto un mondo di opportunità, il mio percorso professionale stava finalmente iniziando.
Hai avuto l’opportunità di affiancare chef illustri (Oliver Glowig, Willy Elsner , Henry Brosi, Marco Bax) cosa ti hanno lasciato?
Questi Chef sono di fama mondiale con una conoscenza della materia che raggiunge l’eccellenza, ovviamente ognuno di loro ha metodi diversi che li rendono unici. Oltre ad avere acquisito tecniche e metodi diversi sicuramente mi hanno insegnato le basi di questo mestiere,la disciplina, il rispetto delle materie prime, la gestione delle risorse umane e i sistemi di prevenzione come l’HACCP. Da tutti ho imparato una cosa importante e fondamentale e cioè che le cose o si fanno bene o non si fanno per niente
Ci racconti qual è la tua filosofia di cucina e chi ti ha maggiormente ispirato?
Mi concentro sui sapori e su come posso sfruttare al meglio i vari abbinamenti, metto al primo posto la qualità dei prodotti che uso.
Sono costantemente alla ricerca di allevatori, artigiani, aziende agricole, malghe che producono formaggio dal sapore unico dato dalla vegetazione che offrono queste montagne incontaminate. Prediligo chi soprattutto rispetta le stagionalità.
Credo fortemente che il futuro della gastronomia di qualità dipenda molto dagli chef e dagli addetti del settore ,bisogna creare più opportunità per le categorie menzionate, fatte di persone legate ancora a metodi tradizionali e biologici, concludo dicendo che c’è un forte bisogno di proteggere queste piccole realtà dalla grosse catene di distribuzione.
Riguardo a l’ispirazione arriva da qualsiasi cosa, tipo una mostra di opere d’arte, un improvviso profumo sentito per strada, un cartellone pubblicitario, una passeggiata al parco o da piatti sbagliati ,l’ispirazione arriva sotto mille forme e in qualsiasi momento.
Questa sarà la tua seconda stagione allo storico Hotel Cristallo di Cortina, qual è l’impronta che stai dando alla cucina?
La mia è una cucina istintiva basata su viaggi ed esperienze da raccontare attraverso l’unico modo che mi mette a mio agio, Cucinare.
L’idea è composta da piatti classici e moderni, anche internazionali ,con l’utilizzo di tecniche attuali che mettono in risalto tutto quello che il territorio gastronomico ha da offrire. Sono di origine campana e sono evidenti sul menù prodotti del mio territorio come la colatura d’alici, latticini, pomodori del piennolo e pasta di Gragnano ma allo stesso modo sono presenti prodotti che ho imparato ad usare durante le mie esperienze maturate in altri paesi, un esempio è il foie gras, al quale dedico sempre un posto speciale sul menù.
Qual è la cosa più difficile nel gestire il ristorante di un Hotel così prestigioso come Hotel Cristallo?
Soddisfare il cliente. La scelta delle materie prime è fondamentale, avere un ottimo prodotto da offrire ad una clientela esigente come la nostra ci porta solo a metà dell’opera, la formazione professionale dello staff è un altro aspetto molto importante, bisogna fare molta formazione e la collaborazione tra cucina e sala gioca un ruolo fondamentale. Trasmettere ai clienti in modo chiaro e professionale il lavoro, la qualità del prodotto e le tecniche che si applicano nella realizzazione di ogni piatto è certamente un valore aggiunto. Il lavoro di gruppo è forse il traguardo più difficile da raggiungere. In fine provare e riprovare i piatti finché non siamo veramente soddisfatti delle scelte fatte che andranno a comporre il menù finale.
Sei campano di origine, com’è lavorare in Veneto?
Sono anni ormai che lavoro all’estero con compagnie internazionali, sono quindi abituato a lavorare con persone di ogni luogo. Certo il clima ha avuto un forte impatto sul mio modo di vivere ma è anche vero che ovunque mi trovi spendo la maggior parte della mia giornata a lavoro quindi la differenza di clima, abitudini, relazioni sociali hanno un impatto diverso su di me.
Qual è il piatto della tradizione campana che porti nel cuore e perché?
Essendo napoletano e visceralmente legato alle mie origini Il piatto che non mancherà mai sui miei menù è ”lo spaghetto di Gragnano con i pomodorini del piennolo e basilico”. In inglese ho sentito spesso l’espressione ”less is more”, inizio a credere che sia nata dopo avere gustato questo piatto, di una semplicità così scontata ma così complesso nell’equilibrio tra acidità, dolcezza e consistenza che sembra il più semplice da preparare ma il più difficile d’azzeccare. Ricordo un giorno in particolare quando ero al servizio del Palazzo Parisio a Malta, un ospite con la “o” maiuscola venne a pranzo da noi, lo chef Michel Roux, uno dei miei miti culinari; chiese da dove venisse lo chef e quando seppe che ero napoletano chiese una pasta al pomodoro. Sapendo che sarebbe venuto a pranzo comprai l’impossibile e quando sentii la sua richiesta capii realmente la vera importanza di questa professione e che un buon pomodoro non ha nulla da invidiare al caviale più pregiato. Il profumo di questo frutto mi evoca ricordi d’infanzia, di quando la mia numerosa famiglia si riuniva d’estate per preparare le conserve di pomodoro per l’inverno. Ricordo ancora i profumi dei pomodori passati e l’odore del basilico da aggiungere in ogni bottiglia dopo che un macchinario separava le bucce e le sementa dalla polpa. sono sicuro che chiunque della mia generazione con le mie stesse origini sappia benissimo di cosa parlo e che ancora oggi conservi quei ricordi indelebili.
Cosa bisognerebbe insegnare ai giovani che si approcciano al tuo mestiere?
Non mi sento un maestro e nemmeno un insegnante, la cucina non ha classi sociali serve volontà e rispetto per la gerarchia, provo soltanto a trasmettere la passione che ho per questa professione e trasferire le esperienze acquisite con gli anni.
Ricordo costantemente ai miei collaboratori di avere la consapevolezza che più si cresce, intendo salendo di posizione, e più si aggiungono responsabilità da non confondere con i privilegi, di restare con i piedi per terra non dimenticando le proprie origini ed i sacrifici che comporta fare questo mestiere. Certo quando ho iniziato questa professione erano altri tempi, prima imparavi le basi, cosa fondamentale per poi imparare preparazioni più complesse, oggi avverto nei giovani più superficialità, usano terminologie moderne ed innovative introdotte nei nuovi dizionari gastronomici dal grandissimo chef Ferran Adrià trascurando però di ripassare i duemila anni di storia culinaria, che lo stesso chef conosce molto bene.
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Non ho il tempo di sognare, sono molto impegnato a realizzare gli obbiettivi che mi prefisso e poi il pensiero di avere qualcosa di così importante chiuso in un cassetto ad aspettare mi darebbe la morte.