Marco Valletta nasce a Napoli e frequenta l’Istituto Alberghiero di via Giovenale, l’IPAS Cavalcanti. Fin da subito sceglie la qualifica di Cucina e ha avuto la fortuna di incontrare un insegnante che lo ha fatto innamorare di questo lavoro. Oggi è uno dei volti di Alice TV,
Lo abbiamo intervistato:
Ciao Marco, da sempre avevi questo sogno di diventare cuoco, ci racconti come nasce questa passione?
Ho sempre seguito con attenzione quanti a casa mia cucinavano, madre, padre, zia, anche fratello, ero affascinato dal fatto che cucinare riempiva la casa di profumi ed aromi. Il mio primo piatto, ad otto anni è stato una frittata con prosciutto e formaggio. Buonissima.
Dici che il tuo Prof. Felice Di Tullio ti ha fatto innamorare di questo lavoro, che cosa ti ha trasmesso?
Avevo solo 14 anni, al primo anno dell’ IPAS Cavalcanti in via Giovenale, Posillipo-Napoli. Appena messo piede in laboratorio di cucina, il docente, lo chef Felice mi colpì con una frase: “in cucina è importante usare la testa poi le mani”. Disciplina, ordine, precisione, ricerca della conoscenza attraverso la curiosità alimentare e culinaria, questo il suo insegnamento.
Nel 1983 hai ricevuto il premio Coppola, quale miglior allievo della Campania, che emozione fu per un ragazzo così giovane?
Al termine del Terzo anno, conquistata la qualifica di cucina, media del nove, circa, fui orgoglioso. Ma il premio non lo ritirai io, ma i miei genitori. Quel giorno io lavoravo in cucina a Venezia, ero già in stagione. Dopo un mese dal ritiro del premio i miei genitori mi vennero a trovare e mi portarono a vedere la targa, che custodisco gelosamente, e mi lasciarono il premio in denaro, 100,000 lire, che spesi portandoli a cena fuori.
Sei naturalizzato trevigiano, che differenze ci sono tra la cucina napoletana e quella trevisana?
Adoro terra Veneta, Provincia di Treviso in particolare, per la bellezza del paesaggio, delle città d’arte, e del buon cibo. Io arrivai ed ebbi il piacere di incontrare Giuseppe Maffioli, un grande esperto di cucina, direttore di alcune riviste, tra cui Grand Gourmet, a quel tempo, 1985 la cucina Trevigiana era molto in voga, apprezzata da molti. Differenza? Ciascuna porta dentro di se l’espressione culturale del proprio territorio e della proprie tradizioni. In sintesi…. pasta e risotti a confronto.
Qual’è il piatto della tradizione napoletana che più ti sta a cuore?
Gli struffoli e la pastiera, perché mi ricordano la mia infanzia, i bei tempi familiari, e il coinvolgimento sin da bambino nel preparare entrambi da mia zia e mia madre, quest’ultima naturalizzata Napoletana (perché veneta doc).
Nel 1993, insieme al tuo amico Paolo Urbani hai fondato l’Associazione Cuochi di Treviso, qual è la sua mission?
Promuovere la figura del cuoco come “Promotore di Salute”, un cuoco che faccia prima scienza in cucina e poi arte. Ma soprattutto valorizzare una professione che possa coinvolgere le nuove generazioni ad amare un lavoro un po’ ricco di sacrifici, ma dalle molte soddisfazioni.
Scrivi per diversi mensili (A Tavola”, “Il Cuoco”) e periodici (“Zafferano”), cosa racconti su queste riviste?
Ho scritto per molte di queste riviste, in alcune ho avuto rubriche tipo “La posta del Cuoco”, faccio articoli di natura sperimentale, ma ultimamente diffondo la mia cucina su Alice Magazine, con quattro cinque ricette per numero. Un modo per fare scuola di cucina rivolgendomi a tutti, casalinghe, cuochi provetti, curiosi lettori, appassionati in genere.
Come è il tuo rapporto con le trasmissioni Tv alle quali partecipi?
Ho partecipato a diverse trasmissioni, regionali, nazionali, con personaggi famosi e simpatici, io non amo la cucina urlata, dove cattivo gusto e a volte prepotenza sono presenti tra colleghi o cordon bleu, o giovani appassionati. La cucina in TV deve essere un fatto intimo che coinvolge chi ti guarda, perché il cibo è protagonista, e il cuoco testimonia idee gastronomiche per chiunque. Poi se trovi una conduttrice come donna Franca Rizzi che ti accompagna nelle case dei telespettatori con una immediata spontaneità, allora capisce che la “cucina in tv” è Casa Alice.
Invece come ti rapporti con i discenti durante i corsi di cucina che realizzi?
Io sono un docente di Laboratorio presso IPSSAR Giuseppe Maffioli di Castelfranco Veneto, per me è importante far capire agli allievi che “la scienza in cucina è l’arte di mangiare bene”, parafrasando Il noto Pellegrino Artusi. In cucina serve precisione, correttezza, ordine, sistema, curiosità, ricerca. Poi ciascuno ci mette del suo e allora la passione esplodere dentro di noi. Noi docenti siamo chiamati a sperimentare con gli allievi, vivendo la cucina come laboratorio. Sperimentare, comprendere i perché dei diversi processi culinari, realizzare ricette costruite con sistema.
Se dovessi definire la tua cucina come lo faresti?
Un cucina che incuriosisce, ma si comprende.
Facciamo un gioco, ci inviti a cena, quale sarà il menù?
Sformato di ortaggi con fonduta di formaggio, Risotto con gamberi, Petto di anitra in padella con cipolline arancia, Crostata di mele con salsa al cioccolato.
Sicuramente avrai un sogno nel cassetto, qual è?
Degustare sette cene, in sette sere in viaggio sull’ Orient Express.