Nel cuore dell’Ager Falernus si estende l’azienda Masseria Torricella Enoz, che ha fatto delle vinificazioni in anfora il proprio stilema di produzione.
Innovare ritornando alla tradizione. Questo, volendo sintetizzare, il canone invalso che emerge visitando l’azienda vitivinicola ed agricola “Masseria Torricella – Enoz”, alla presenza del titolare Roberto Zeno.
Anzitutto il luogo, caratterizzato da una vera e propria congiuntura pedo-climatica e paesaggistica unica al mondo: a fare da contraltare ai terreni di origine vulcanica del complesso di Roccamonfina, troviamo le influenze della brezza del contiguo golfo di Gaeta, due fattori decisivi per la caratterizzante escursione termica e le condizioni ideali di coltivazione della vite.
Ventidue ettari in totale, di cui cinque destinati a vigneti, mentre i rimanenti a uliveti, grano e leguminose. Certificazione biodinamica ottenuta nel 2020, carica e passione “atavica” profusa da Zeno nello spiegare la crescita della sue realtà imprenditoriale, in collaborazione con la figlia Alessandra, sua project e social media manager.
Parola d’ordine ecosostenibilità, come dicevamo, in questo microcosmo situato a circa duecentottanta metri sul livello del mare, i vigneti proprio a ridosso della cinta urbana di Sessa Aurunca che ne definiscono l’orizzonte, separati da tale perimetro urbano da un’antica strada – con prospiciente acquedotto – che conduce sino al versante del vulcano, ormai spento.
I vitigni coltivati sono precipuamente quelli autoctoni, e dunque spazio, per i rossi, al Primitivo, Aglianico, Ciliegiolo e Piedirosso, mentre per i bianchi al Fiano, Falanghina e Traminer Rosa. Insomma, un voler marcare idealmente il legame indissolubile con il proprio territorio, rivissuto attraverso delle tecniche di vinificazione che ne determinano una vera e propria “palingenesi”.
La storia dell’enologia ci racconta, con evocative parole ed icastiche immagini, di come le anfore – o giare – in terracotta venissero utilizzate fin dall’antichità per la conservazione dei cibi e delle bevande fermentate. L’azienda Enoz, secondo le parole del titolare, ha “scelto di vinificare in anfora per la predilezione verso un contenitore neutro, ovverosia che esalti le uve lasciando inalterati i profumi ed i sentori originari, riuscendo a valorizzare il profilo identitario di un vino al massimo delle sue potenzialità”.
Il resto è storia recente, sotto l’egida del rapporto di lungo corso – caratterizzato da sincera amicizia – con la coppia di coniugi Mario Basco e Diana Iannaccone, alla guida della maison “I Cacciagalli”. Obiettivo ulteriore, quello di mutuare in toto le tecniche della Georgia, paese agli albori di tali metodi ora riconosciuti patrimonio dell’Unesco, mediante l’acquisto delle anfore interrate (quevri in georgiano) – già debitamente collocate in azienda, che abbiamo visitato – nelle quali avvengono delle micro-ossigenazioni naturali, in totale consonanza con l’armonia della natura circostante.
Ulteriori profili di assoluto valore dell’intrapresa, la splendida cantina in tufo, dove sono conservate le referenze delle annate più risalenti, ed i frequenti richiami – a cagione di un interesse familiare tramandato – alla mitologia e cultura classica. Partendo dai nomi dei singoli prodotti, passando per i frequenti riferimenti iconografici, arrivando infine all’allestimento di una stanza di confronto e degustazione, un “simposio”, ove ospitare amici, di settore e non, discettando di cultura e buon bere.
Passando alla degustazione delle singole referenze, si parte dall’imponente olio extravergine, da olive sessana e leccino, raccolte a mano nel comune di Sessa Aurunca, dal profumo deciso e fruttato, con note tendenti al dorato e ramato.
Gustosa la Falanghina “L’attimo” I.G.T. 2020, sei giorni di macerazione ed ulteriori sei mesi in anfora, produzione limitata – circa mille bottiglie – per un sorso pulito, reciso e dinamico. Passando al Fiano “La Monade” I.G.T. 2020, al naso fiori di gelsomino ed acacia, palato stratificato per una fermentazione spontanea in anfora con una macerazione di otto giorni, seguito dal rosato “Il re è nudo” I.G.T. 2020, senza macerazione, versatile ed elegante. Si conclude con un prodotto iconico, il Primitivo I.G.T. 2019 , che, come dicevamo, innova nel solco della tradizione, rosso di medio corpo non strutturato, piccola frutta rossa con sfumature di fiori di sambuco, per una bevuta fragrante e dalla rara mineralità, che sussurra a chi sa ascoltare, con il fascino e l’eleganza della perfezione mancata.