Non è stato semplice scrivere di Massimo Bosco perché si potrebbe parlarne all’infinito. Titolare della Pizzeria Panetteria Bosco, noto locale di Tempio Pausania, si definisce semplicemente un pizzaiolo, ma in realtà è ben di più, diventando in pochi anni una vera eccellenza nel suo settore. Un uomo vulcanico con mille idee e progetti, impegnato nel sociale ma anche nel far conoscere e valorizzare i prodotti della sua terra, la Sardegna. L’ho ascoltato, in una piacevole intervista che mi ha gentilmente concesso.
Ciao Massimo, hai una storia lunga da raccontare, partiamo dalle origini.
Sono nato a Carbonia, cresciuto a Teulada, poi dopo tante peregrinazioni, ormai da 21 anni sono approdato a Tempio. Quando sono arrivato per dare una mano alla zia della mia socia, non ero sicuramente un esperto del mestiere e mi sentivo senza prospettive né futuro. Ma non mi sono fermato, ho rimboccato le maniche e con determinazione ho affrontato i lavori più umili e faticosi.
Inizialmente confezionavo nei cartoni le pizze da asporto, aggiungevo gli ingredienti freschi, facevo le insalate. Sono stato anche dietro il banco e in sala come cameriere, ho fatto persino il pasticcere e il lavapiatti.
Onestamente parlando, sono diventato un pizzaiolo esclusivamente per necessità, a differenza di tanti colleghi che dichiarano di aver intrapreso questa professione per passione. Una casualità mi ha aperto le porte di questo mondo. Per dei problemi di gestione, i pizzaioli che lavoravano con me, si sono tolti il grembiule durante il servizio e sono andati via. Il proprietario del locale, mi ha guardato e mi ha detto: “Massimo, vai dentro”. E io, che sono una persona che non si tira mai indietro, non me lo sono fatto ripetere due volte.
Il primo periodo le mie pizze erano a malapena mangiabili. Claudia la mia socia, tornava a casa in lacrime perché i clienti si lamentavano. Questo mi ha spronato a crescere e migliorare, accettando una vera sfida con me stesso. Mi sono detto: “Adesso vi faccio vedere chi è Massimo Bosco”. L’essere sicuri di sé e delle proprie potenzialità, aiuta a non darsi per vinti davanti alle difficoltà e ad affrontarle con decisione.
Caratterialmente, non mi piace passare inosservato, questo è evidente persino nell’abbigliamento che indosso. Non sono umile, sono egocentrico e so di esserlo. A chi mi accusa di questo, rispondo che ne sono consapevole e non mi faccio problemi ad ammetterlo. Poi naturalmente l’approccio con gli altri è diverso a seconda dalle persone che ti trovi davanti.
Massimo, sembri molto deciso e conscio delle tue capacità.
Molto, ho una grande autostima, io credo nell’uomo e nella sua determinazione. Da quando ho iniziato questo lavoro, ho bruciato tutte le tappe. Certo, ho fatto tanti sacrifici, ma oggi, dopo aver fatto tesoro del passato, continuo a crescere e a migliorarmi. Questo non lo dico io, è documentato dai tanti riconoscimenti ricevuti dalla critica del settore e soprattutto dalla clientela numerosa e fidelizzata al mio ristorante, che ritorna sempre soddisfatta. Ho raggiunto un obbiettivo molto importante, quello a cui tutti aspirano, gli esperti dicono che siamo bravi e il ristorante ha successo. Da qui traggo la motivazione per continuare a percorrere la strada intrapresa, seppur accettando che non si possa piacere a tutti, sia come persona che come professionista.
Voglio far notare che Pizzeria Panetteria Bosco è aperta da 14 anni. Io e Claudia Manconi, la mia ex compagna di vita e attualmente compagna di lavoro, la gestiamo in assoluto accordo. Lei si occupa della parte organizzativa e finanziaria e io di quella creativa. Supportati dai nostri collaboratori, formiamo una squadra perfetta e funzioniamo che è una meraviglia.
Parliamo di ingredienti e di valorizzazione della filiera. Tu parti dalla tradizione e crei l’innovazione. Quanta Sardegna c’è in te e in quello che fai?
Io mi ispiro ad un simbolo indiscusso della tradizione, ovvero la pizza napoletana. La Campania e Napoli, hanno il merito di averci regalato la perfezione nella lavorazione e creazione delle pizze classiche. Poi chiaramente, come in tutti i campi, stiamo assistendo e siamo protagonisti di una continua evoluzione, con cambiamenti che si manifestano senza sosta. Io però parto da lì, mi piace proprio la loro filosofia.
Che significa cambiare? Significa ritornare fare un qualcosa di vecchio, o meglio, di tradizionale, utilizzando le conoscenze e le risorse che abbiamo adesso a disposizione. Oggi l’offerta alimentare è enorme e la concorrenza spietata. Per questo, le persone devono essere poste davanti alla possibilità di fare una scelta migliore, basata esclusivamente sulla qualità. E come si può arrivare a questo? Semplicemente dando loro una consapevolezza, spiegando e raccontando cosa hanno nel piatto, quando si siedono ai tavoli del mio locale.
Io utilizzo dei prodotti artigianali sardi, che non acquisto da fornitori generici. Mi servo da professionisti che sanno documentare perfettamente la filiera, spiegandomi tutte le fasi della lavorazione: “questo animale è nato qua, è cresciuto qua, ha mangiato questo e l’ho trattato in questo modo”. E quando parlo di alimenti come i salumi e gli insaccati, penso a loro come a delle materie prime, che ancora devono essere plasmate, per far sì che riescano ad esprimere appieno il loro valore. Una mortadella di pecora che è stata cotta e affettata, per me diventa un prodotto finito solo quando si accompagna alla pasta della pizza che io preparo.
Partendo da questi presupposti, ritengo che il mio compito, sia quello di far vivere un’esperienza indimenticabile ai miei clienti. Voglio fare sentire il profumo dei pascoli, della macchia mediterranea, voglio far sentire la potenza delle mani che hanno cresciuto con rispetto quell’animale e lo hanno aiutato a trasformarsi in un qualcosa che per noi è un prezioso nutrimento.
Questo vale anche per la pasta, quando preparo i panetti da ben 260 grammi, (perché io sono un pizzaiolo e lo dico con grande fierezza) devo far sentire i profumi e i sapori del grano che ho utilizzato, devo far sentire la falce che ha tagliato quelle spighe, la forza delle persone che si sono adoperate per questa trasformazione. Nelle mie pizze, c’è il racconto di un intero territorio.
E ribadisco, io ho iniziato per necessità, poi è nato l’amore. Perché secondo me, intraprendere un qualsiasi lavoro per passione non basta, è la fame che realmente ti sprona. E questa fame la devi portare avanti, poi certo, arrivano anche altri stimoli. Ma solo se non perdi di vista i tuoi obbiettivi e non ti senti mai arrivato, mantenendo una continua voglia di crescere e migliorare, puoi veramente riuscire. Questo è il mio punto fermo.
Massimo, quali sono le peculiarità che permettono di distinguerti e di emergere dal resto del mercato.
Io mi reputo un “Barroso” per natura. Però Barroso non deve essere inteso nell’accezione più negativa del termine, come prepotente o maleducato. Io sono un testardo, uno che mette il massimo impegno in ciò che fa, e che porta avanti le sue idee con determinazione, perché basate sull’esperienza.
Sono convinto che la cortesia sia alla base di una comunicazione efficace. Ecco perché ritengo che la verità apra tutte le porte senza ipocrisie, semplicemente usando i modi giusti. “Barrosia” e gentilezza, sono aspetti dello stesso carattere che secondo me possono tranquillamente convivere.
Una delle cose che mi caratterizza umanamente, e che si manifesta anche nel mio lavoro, è avere la mente aperta. Sono sempre disponibile al confronto e all’ascolto e soprattutto cerco di trarre quanto c’è di positivo anche dalle esperienze peggiori. Mi ripeto spesso questa frase: “il grande sa cento cose che il piccolo non sa, ma il piccolo ne sa almeno una che grande non sa. Si può imparare da tutti”.
Un’altra cosa che ritengo mi distingua è la considerazione che riservo ai clienti, a tutti indistintamente. Credo sia doveroso accoglierli e in qualche modo coccolarli, farli sentire al meglio, prestando loro delle attenzioni che non dappertutto ricevono.
Nel nostro locale abbiamo fatto delle scelte che in alcuni casi possono sembrare originali o addirittura incomprensibili, ma tutte dettate dalla voglia di garantire un’esperienza speciale a chi viene a trovarci. Noi non abbiamo la televisione, non l’abbiamo installata nemmeno per vedere le partite degli Europei, e si è lavorato bene ugualmente. Anzi, devo dire che soprattutto la clientela femminile ha particolarmente apprezzato. Dedichiamo a loro tante attenzioni perché sappiamo quanto siano sensibili ai dettagli. Ad esempio, nei bagni ristrutturati di recente, facciamo trovare dei fiori freschi tutti i giorni.
Non chiedo mai come è andata, quando i clienti stanno lasciando il locale, perché dall’osservazione dei loro comportamenti, sono in grado di capire da solo se vanno via soddisfatti. Preferisco invece, chiedere come stanno, farmi raccontare del viaggio intrapreso per raggiungermi, raccomandarmi che uscendo non prendano freddo. Insomma, dimostrare nei loro confronti un interesse reale ed esprimere gratitudine per avermi onorato della loro presenza.
E lo faccio abbandonando il banco, sporco di farina e con il grembiule da lavoro, perché io sono questo, un pizzaiolo non una rock-star. Molti colleghi pensano che tutto ci sia dovuto! Ma non è così, ciò che hai, te lo devi guadagnare tutti i giorni.
I social hanno creato dei veri e propri mostri, che sanno esprimersi solo con lamentele, discussioni ed esibizionismi inutili e ancor peggio, con vere e proprie sfide a colpi di post tra colleghi. Io davanti a tutto questo rimango basito e vorrei far passare un messaggio diverso. Credo sia importante utilizzare la rete ma per comunicare in modo costruttivo, postando per chi ci dà da mangiare, per i clienti. Si deve smettere di fare sterili polemiche che alla gente non interessano. Che senso ha, ricevere migliaia di likes e tante interazioni, se poi i ristoranti sono vuoti perché si trasmette negatività? Proprio non sopporto l’atteggiamento di chi passa il tempo a provocare o a piangersi addosso.
Questa io non la chiamo umiltà, questa io la chiamo coscienza. Penso sia doveroso ringraziare chi ti dà da mangiare ogni giorno e chi ti ha permesso di arrivare fino a qua. E anche se non si direbbe, io prego tutte le notti, e non manco mai di essere riconoscente per quello che ho.
Come vedi il tuo futuro?
Rispondendo di getto, potrei dirti che il mio futuro prossimo è tra un minuto. Vivo alla giornata e cerco di non preoccuparmi per un problema che si potrà presentare tra un mese, tra una settimana o tra un anno.
La mia filosofia è “quando arriva lo affrontiamo”. Non ha senso perdere energie a nutrirlo e magari ingigantirlo. Questo però, non vuol dire prendere le cose con leggerezza, bensì semplicemente valutarle con la giusta misura. Se tu lavori bene adesso, stai lavorando inconsapevolmente anche per il domani. Tutto è talmente velleitario che da un momento all’altro le cose possono cambiare. Certo, anche io faccio programmi, soprattutto lavorativi. Ma oggi come non mai, si deve cercare di essere elastici e vivere il momento. A breve, c’è in progetto l’apertura di una vineria, ci stiamo lavorando e vedremo come andrà.
Tu fai delle pizze complesse con ingredienti ricercati. Come nasce una nuova creazione? Parti dalle materie prime, oppure ti viene l’idea e la sviluppi?
Lo sai da cosa parto? Parto da quello che respiro la mattina quando esco da casa. Questo mio essere visionario e curioso mi aiuta ad assorbire stimoli da tutto quanto mi circonda. Dalla mia terra, dai colori della natura, dal cielo, se c’è sole, se è offuscato, se c’è la nebbia, se c’è la neve o semplicemente sentire il profumo del mare. È come se ricevessi tante informazioni subliminali e io inconsciamente le associo, dando loro una forma nelle mie pizze.
In realtà la tua è un’arte.
È così, per me il disco di pasta è come una tela sulla quale dipingere. Come i grandi pittori impressionisti, che io amo molto, cerco di trovare un equilibrio che gratifichi tutti i sensi. Lo faccio usando i giusti colori, perché si mangia anche con gli occhi, poi con la materia prima d’eccellenza, per un gusto che delizi il palato, ma anche con il racconto di quanto si ha nel piatto, che si carpisce con l’udito, grazie all’ascolto delle spiegazioni che mi piace fornire ai clienti. In questo modo, descrivo il mondo che gravita intorno al mio lavoro e che mi ha permesso di ottenere quel risultato. A partire dal grano che si trasforma in farina, fino al latte appena munto col quale si ricavano i formaggi che utilizzo.
Clienti amici da anni, clienti nuovi e in alcuni casi anche molto noti. Già da qualche estate sei diventato il pizzaiolo favorito di Chiara Ferragni e Fedez. Come ti hanno trovato?
Mi è arrivata una semplice telefonata, con la quale mi si chiedeva di recarmi nella loro villa per preparare delle pizze. Sinceramente, avrei davvero voluto poterli ospitare nel mio ristorante, ma hanno preferito, dimostrando un grande senso civico, non spostarsi per evitare assembramenti.
Sono stati cortesi e disponibili, e devo dire che hanno molto apprezzato le mie specialità, prestandosi anche a fare delle belle chiacchierate e tante foto che sono state puntualmente pubblicate sui social. Veramente una gratificante sorpresa.
Qual è la pizza che parla maggiormente di te?
Ce n’è più di una. Premetto che difficilmente do un nome alle mie pizze, infatti ritengo che non abbia molto senso. Ma questa è davvero speciale, perché l’ho portata ad un Campionato del mondo a Salsomaggiore Terme. Ho deciso di chiamarla “Operaia” in segno di solidarietà nei confronti dei lavoratori dell’Alcoa di Portovesme. Volevo sensibilizzare la grande platea presente, e devo dire che ho ottenuto un forte impatto, anche perché mi sono presentato alla giuria indossando un caschetto da operaio.
Era una pizza fatta con delle materie prime d’eccellenza, i pomodori di Santa Margherita di Pula, il basilico e l’origano biologici prodotti localmente, l’olio extravergine di Dolianova, le acciughe di Sciacca e la mozzarella di bufala campana. Ci ho messo il meglio, perché così deve essere la vita di un operaio, semplice ma di qualità. E qualità vuol dire poter mandare un figlio a scuola senza problemi, poter agevolmente riparare la macchina se si guasta, vivere in una casa confortevole, e soprattutto svolgere un lavoro in sicurezza.
Un’altra che voglio citare, è la “2012 la fine del mondo”, anche questa presentata ad un Campionato Mondiale, svoltosi dopo il terribile terremoto e lo tsunami che hanno devastato il Giappone. Per dimostrare la mia vicinanza a questo popolo e alla squadra giapponese, presente alla competizione, ho indossato una maglietta che ho fatto stampare, con la scritta “I’m a Japanese” che ha destato commozione ed è stata molto apprezzata.
Quella a cui sono più affezionato, e che ottiene sempre un grande successo nel mio locale, è la “Faber“. Ho selezionato dei prodotti sardi e dei prodotti liguri ed unendoli ho ottenuto una pizza speciale dedicata a Fabrizio De André, che era fortemente legato al territorio dove vivo,.
Massimo Parliamo dei riconoscimenti ricevuti. Hai avuto i Tre Spicchi del Gambero Rosso, l’Eccellenza su L’Espresso e di recente…
In 50 top pizza, una guida on-line aggiornata ogni anno, delle migliori pizzerie italiane e del mondo, ho scalato la classifica e da trentasettesimo, sono salito al ventiquattresimo posto. Oltre a questo, mi è stato conferito un premio speciale per “Identità Territoriale 2021” del quale sono particolarmente orgoglioso, perché davvero non me l’aspettavo. Mi sono emozionato tantissimo, ho 53 anni e ne ho passate tante, avendo avuto un trascorso un po’ turbolento prima di iniziare a fare questo lavoro. Sono riusciti a farmi commuovere, perché questo riconoscimento, attesta che è come se lavorassi non solo per me, ma anche per la mia terra, per Tempio e per la Sardegna. Tempio mi ha accolto e mi cresciuto e oggi mi ama, come io amo lui.
Nella vostra zona ci sono grandi produttori e importanti attività che si distinguono nel mondo enogastronomico.
Si è così, e io collaboro con tanti di loro. Dall’Acqua Smeraldina che sgorga a trecento metri di profondità, nel cuore incontaminato di una montagna di granito puro, che la filtra e la arricchisce con un lunghissimo processo naturale, conferendole proprietà eccezionali.
A Michelangelo Salis, allevatore e macellaio illuminato definito “il filosofo dei salumi” che lavora con grande maestria, creando dei prodotti eccezionali con i quali arricchisco le mie pizze.
Collaboro anche con la filiera di Sardo Sole che tratta i grandi grani tradizionali, coltivati e trasformati in Sardegna. Pensa che alla Conad, ci sono in vendita le loro farine con la mia foto.
Un’altra persona con la quale c’è un rapporto speciale, che va ben oltre il lavoro, è Domenico Sanna e con lui la famiglia Pilloni. Domenico collabora con due note aziende sarde, la Cantina Su Entu e la pizzeria Sa Scolla ed è un esperto di cucina. Nel suo vocabolario non esistono le parole invidia e gelosia. Nel suo vocabolario ci sono solo generosità, cooperazione e sinergia. Questo a me fa impazzire dalla gioia, in un’ambiente in cui spesso purtroppo predominano altri ideali.
Ed è bello che tutti insieme si parli della Sardegna più valida e partecipativa.