Ciao Mattia, ci racconti come ti sei avvicinato al mondo della cucina?
Dopo la prima estate passata a lavorare nella cucina di Villa del Quar con lo Chef Barbieri come stagista/demi chef. In quella situazione ho visto affiatamento, passione e dedizione che ogni cuoco metteva su ciò che stava cucinando. Tutto ciò mi ha colpito profondamente e da quell’esperienza ho iniziato a sognare di diventare uno Chef.
Quest’esperienza è stata fondamentale per capire che nelle cucine professionali, l’impegno e la passione sono determinanti per fare questo tipo di percorso.
Dal 2008 al 2009 sei stato chef Patron al Villaggio Belvedere, attività che gestisce con passione insieme al padre, com’è andata?
Ho avuto la fortuna di gestire insieme a mio padre, quando ancora ero molto giovane, questo tipo di attività ristorativa dentro ad un Villaggio estivo.
Quest’avventura è stata molto utile per capire in prima persona tutte le difficoltà che ci possono essere nella ristorazione quindi la gestione delle materie prime e del personale. Dopo quest’esperienza capii che era fondamentale per un cuoco fare un’esperienza all’estero per approfondire il mio bagaglio professionale e personale.
Dal 2010, inizi a viaggiare e lavori a Londra (Livermead House Hotel, Cecconi’s Restaurant e Bacco Italian Restaurant) poi in Australia ( Rockpool Dining Group, Aria Restaurant e Bentley Restaurant di Sydney), che esperienze sono state e cosa porti ancora con te?
Questo percorso durato circa 8 anni è stato determinante per la mia crescita, il fatto di partire solo e cercare ad ogni modo di entrare nelle cucine di una certa importanza mi ha fatto crescere la determinazione di andare in fondo alle opportunità e di sfruttarle al massimo per imparare sempre più questo magnifico lavoro.
Quali sono le differenze principali tra la cucina italiana e quelle che hai vissuto all’estero?
In realtà non ci sono molte differenze, può cambiare la materia prima rispetto dove ci si trova, possono cambiare delle tecniche di preparazione, di cottura ,ma il lavoro rimane sempre quello del cuoco.
La passione che ho percepito in tutti i ristoranti dove ho lavorato è uguale a quella che ho trovato in Italia.
Nella primavera del 2019 assumi il ruolo di Executive Chef del Byblos Art Hotel Villa Amistà, cosa ti eri ripromesso all’inizio di questa grande sfida?
Ho sentito nel cuore questa sfida, dopo anni trascorsi all’estero per poi tornare in Valpolicella, la mia terra, mi ha dato un senso di responsabilità ed emozione.
Tutto ciò significa trasmettere ai clienti la mia passione che ho coltivato negli anni e metterla in pratica nel luogo che più mi caratterizza.
Poi la Guida Michelin Italia 2021 ti ha premiato con la stella, quali sono state le tue prime sensazioni?
Ho avuto un brivido in tutto il corpo ed ero quasi incredulo del prestigioso riconoscimento nonostante la consapevolezza di aver portato avanti una filosofia di cucina ben definita.
La tipologia di cucina che proponiamo ai nostri clienti è tradizionale ma allo stesso tempo contemporanea, reinterpretiamo le ricette della tradizione Veneta, partendo dalla materia prima di eccellenza locale ma anche con delle eccellenze scoperte nelle esperienze avute all’estero.
Alcuni piatti sono ormai iconici della sua cucina e del Ristorante Amistà i “Tortelli di corte veronese, gli “Gnocchi di ‘Fioreta di Malga, cedro, tartare di capesante, foie gras”, il “Baccalà 2020” e “Agnello di Brogna, cipolla rossa di Bassano, morchelle”, qual è il processo per la creazione di un nuovo piatto?
Un piatto deve generare delle emozioni e dei ricordi, quindi parto sempre da questi elementi per la creazione di nuove pietanze. Una volta che ho individuato queste sensazioni si completa il piatto con tecniche e golosità per renderlo appetibile e affascinante.
L’Arte è dunque il tratto distintivo e il filo conduttore del concept del Byblos Art Hotel, Ristorante Amistà è stato pensato per fondersi armoniosamente con l’hotel, com’è lavorare un locale pervaso d’arte?
La cucina è una vera e propria disciplina artistica, lavorando in questo magnifico ristorante dove l’arte è l’elemento che ci contraddistingue mi sento a mio agio.
L’espressione artistica di tutte le opere che ci circondano la cerco di riprodurre nei piatti con una mia personale interpretazione delle ricette della tradizione.
Un percorso artistico che passa attraverso la mia cucina, tra le vie della Valpolicella lungo la strada di casa…
Sei veneto, qual è il piatto della memoria a cui sei più legato e perché?
Non ho un piatto particolare a cui sono maggiormente legato, alcuni di questi sono il Baccalà, il tortello di corte Veronese, il risotto al “tastasal” e lo gnocco di fioreta.
Queste sono le pietanze che mi danno dei profondi ricordi ed emozioni, gli ho rivisitati in chiave contemporanea e sono in carta nel mio menu al ristorante Amistà.
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Il mio sogno nel cassetto è quello di poter continuare a fare quanto più a lungo questo lavoro, diventando un punto di riferimento nella Valpolicella e non solo, ampliando sempre più la mia filosofia di cucina a livello nazionale ed internazionale.