E rieccoci qui, puntuali dopo 8 anni a parlare di pizza.
In realtà più che di pizza parlerei di Report che, con la puntata di lunedì 21 novembre 2022, torna a Napoli dopo 8 anni dalla fatidica accusa contro la pizza napoletana e tutto ciò che le gira(va) intorno.
Perché anche questa volta, nonostante il trascorrere degli anni avrebbe dovuto allargare le spalle dei professionisti napoletani del settore, piuttosto che, come invece è stato, abituarli ad inchinarsi a comando, anche questa volta dicevamo, chi ne esce vincente è la trasmissione stessa e non certo uno dei settori più importanti dell’economia campana dell’ultimo decennio.
Report e il suo inviato Iovene, arrivano a Napoli e, guidati da un giornalista trasformatosi per l’occorrenza in Cicerone, fanno un “giro delle 7 chiese” tra le pizzerie della Campania, o almeno tra uno sparuto gruppetto di prescelti.
Il risultato è in primo luogo una autocelebrazione della trasmissione stessa che viene eletta da tutti (o quasi) come unica responsabile della rinascita del mondo pizza, dell’innalzamento della qualità della pizza napoletana, addirittura della nascita del movimento “pizza contemporanea”, che quindi sarebbe meglio della tradizionale o forse no.
A dire dei malcapitati l’anno zero della pizza a Napoli, in Campania, nel mondo…sarebbe stato il 2014.
Galeotta sarebbe stata la puntata di Report grazie alla quale tutti avrebbero aperto gli occhi, imparato a fare gli impasti, a usare e conoscere le farine, i pomodori e ovviamente l’olio. I mulini avrebbero cambiato il modo di lavorare e produrre farine, i contadini di coltivare i grani, i giornalisti di scrivere di pizza e i clienti di mangiarla.
Un pizzico di presunzione da parte di una trasmissione o di un giornalista che non solo si attribuiscono la paternità di qualcosa che lascia fortemente perplessi ma, non contenti, continuano a mettere il carico sull’argomento pizza che, nonostante le apparenze, non ne esce benissimo.
Non ne escono benissimo i pizzaioli intervistati (quasi tutti…) che, come detto, sembrano rivestire il ruolo delle statuine del presepe napoletano, messe lì a ricoprire uno spazio, nella migliore delle ipotesi con un copione da interpretare. Non ne esce granchè bene la pizza intesa come prodotto identitario di una città e di una regione (in stridente contrasto con un orientamento politico che spinge verso la sovranità alimentare), visto che quasi tutti gli intervistati (anche quelli che avevano dimostrato grande disappunto all’epoca) continuano a ripetere che il merito è tutto di Report, svilendo così una storia e una tradizione ultracentenaria.
E questo nonostante ad un certo punto scatti l’endorsement al movimento pizza che da qualche anno domina la scena napoletana.
Ma anche qui poco si comprende dove i giornalisti vogliano andare a parare quando, mentre la catena di pizzerie artigianali Michele In The World viene dichiarata numero 1 al mondo contemporaneamente alla messa in onda della trasmissione (vedi il caso a volte), dalla puntata di ieri sera proprio la storica pizza di Forcella esce (non unica) leggermente ammaccata, non nell’accezione classica del termine, e quindi rivedibile a differenza di altre osannate per aver recepito in toto gli insegnamenti impartiti nel famoso anno zero.
Volendo tirare le somme resta la scarsa credibilità di un servizio di cui probabilmente non si sentiva il bisogno.
Il tutto infarcito dalla solita macchiettistica e retorica verso la napoletanità che non riceve sconti nemmeno dalla colonna sonora mutuata dalla serie Gomorra.
Nessuno mette in dubbio che all’epoca, così come oggi, ci fossero cose da mettere a punto per migliorare un settore così importante ma davvero non si comprende a chi possa giovare il megaspot andato in onda ieri.
Al netto delle riflessioni fatte fino ad ora resta ancora una perplessità sul criterio in base al quale sono state individuati i protagonisti del programma. Al di là del riferimento che potrebbero rappresentare le guide di settore, resta il dubbio sul fatto che uno sparuto gruppetto di persone, pizzaioli, produttori etc possa rappresentare, e dare voce in modo esaustivo, a un intero settore che vanta numeri ben più importanti.