La Campania del vino è sempre in continua crescita. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un susseguirsi di riconoscimenti importanti anche nel più ampio panorama nazionale.
Tra le aziende più rappresentative degli ultimi anni troviamo Quintodecimo del professor Luigi Moio, ordinario di enologia presso il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e nominato nel 2019, a Parigi, vicepresidente dell’OIV (Organizzazione internazionale della vite e del vino), istituzione intergovernativa che si compone di ben 48 Stati tra quelli al mondo maggiormente impegnati nella produzione di vino.
L’azienda del professor Moio ha sede in Irpinia, zona fortemente vocata alla produzione vinicola di qualità e con le sue curatissime vigne è un fulgido esempio di integrazione perfetta tra uomo e natura.
Abbiamo raggiunto Luigi Moio al telefono, mentre è impegnato alla stesura del suo nuovo libro, circondato dalle sue bellissime vigne.
Professore ci racconti qualcosa di lei.
Tutto nasce a Mondragone, nella storica azienda della mia famiglia dove mio padre Michele, mancato purtroppo lo scorso anno, agli inizi degli anni ’50 intuì che il vino rosso ottenuto dalle uve di Primitivo, provenienti dai migliori siti dell’Ager Falernus, poteva degnamente essere considerato, la versione moderna del vino caro ai romani antichi. Fu così che egli, a partire da quegli anni, ripropose agli appassionati di vino e dell’antichità classica un nuovo grande Falerno.
Papà ha sempre desiderato un figlio enologo e così io, prendendolo in parola, all’età di 13 anni lasciai Mondragone per iniziare il mio percorso di studi. Mi trasferii ad Avellino per frequentare la scuola enologica e successivamente a Portici per conseguire la laurea in Scienze Agrarie presso l’Università di Napoli. La passione per la ricerca scientifica mi fece accedere al dottorato di ricerca fino al conseguimento della cattedra universitaria sempre nell’ateneo federiciano.
Durante il mio percorso di studi ho trascorso 4 anni in Francia, sia per completare il mio dottorato di ricerca e sia per approfondire le tecniche analitiche e sensoriali per lo studio degli aromi. L’istituto di ricerca era in Borgogna ed in quella fase meravigliosa della mia vita studiai, principalmente, la biochimica del profumo dei vini ottenuti dai vitigni Chardonnay e Pinot noir. In questo periodo scoprii una realtà viticola ed enologica molto vicina a quella che avevo sempre sognato. Fu subito amore! Quel mondo del vino era in completa sintonia con le mie idee, con la mia visione del vino, che in Italia non avevo mai avuto modo di cogliere.
Insomma il vino è una parte fondamentale di tutta la mia vita.
E Quintodecimo come nasce?
Ad un certo punto dovetti ritornare in Campania, nella mia sede universitaria, per avviare presso la Facoltà di Scienze Agrarie di Portici, gli studi sull’aroma del vino e di altri prodotti alimentari. Nel piccolo laboratorio pioneristico, realizzato in una minuscola stanza dell’Istituto di Industrie Agrarie, aiutato dai miei studenti in tesi, cominciai le prime ricerche sull’aroma del vino adottando tecniche innovative di analisi olfattometriche. Con il trascorrere degli anni quel piccolo gruppo di ricerca è cresciuto ed oggi ad Avellino (sede distaccata della Federico II) abbiamo la sezione di Scienza della Vigna e del Vino dell’Università di Napoli e due corsi di laurea in enologia: la triennale in viticoltura ed enologia ed il corso magistrale in scienze enologiche. Sono molto felice di tutto ciò, un risultato importantissimo per la nostra regione che dispone di straordinarie potenzialità nella produzione di vini di elevata qualità. Inoltre l’altra mia grande soddisfazione è che i docenti dell’area enologica di questi corsi sono tutti miei ex allievi cresciuti insieme a me in circa trent’anni di studi originali condotti con grande applicazione e passione.
Contemporaneamente alla mia attività accademica, era forte però la voglia di realizzare anche in Italia, ed ovviamente in Campania, quello che avevo vissuto in Francia. Cresceva sempre di più in me un bisogno interiore di creare una azienda. Un sogno di libertà, per esprimere al meglio e senza nessun condizionamento tutte le conoscenze viticole ed enologiche che avevo accumulato in tanti anni di studio e di ricerca.
Nel 2001 nasce Quintodecimo! Il nome Quintodecimo è un omaggio alla storia antichissima di Mirabella Eclano dove sorge l’azienda.
Cosa è oggi Quintodecimo?
A vent’anni dall’inizio di questa bella avventura oggi Quintodecimo è cresciuta ed è lo specchio di quello che io avevo in mente, una azienda che per essere in grado di fare un vino di qualità, deve occuparsi di tutta la filiera, partendo quindi dalla terra e dalla produzione dell’uva.
Ad oggi abbiamo 32 ettari vitati di proprietà divisi tra le tre DOCG campane con il nucleo centrale dell’azienda, il vero cuore di Quintodecimo, a Mirabella Eclano, nell’areale del Taurasi. Qui sorge anche la nostra abitazione, completamente circondata dalle nostre vigne di Aglianico, il solo vitigno utilizzato nei tre i vini rossi prodotti a Quintodecimo: Vigna Quintodecimo e Vigna Grande Cerzito, due crus di Taurasi DOCG, ed il Terra d’Eclano (Irpinia DOC).
L’Irpinia dispone di tre vini a denominazioni di origine controllata e garantita: il Taurasi che, come detto, produciamo dai vigneti del nucleo storico di Quintodecimo a Mirabella Eclano, e il Fiano di Avellino ed il Greco di Tufo. Questi ultimi due, entrambi vini bianchi, hanno permesso all’azienda di estendersi in altri due nuclei aziendali: uno nel comune di Lapio, zona di elezione della produzione del Fiano, e l’altro nel comune di Tufo, zona di elezione della produzione del Greco. Oltre alle vigne di Fiano e Greco, sono stati piantati anche vigneti di Falanghina, sia nell’areale storico di Quintodecimo e sia a Tufo. Dunque, oltre ai tre vini rossi di cui ho parlato prima, produciamo anche tre vini bianchi: l’Exultet (Fiano di Avellino DOCG); il Giallo d’Arles (Greco di Tufo DOCG) ed il Via del Campo (Falanghina Irpinia DOC).
Come si posiziona oggi Quintodecimo?
Il nostro mercato è diviso più o meno tra un 70% di Italia e il restante 30% estero. Iniziammo con una percentuale di vendite all’estero estero più elevata ma subito prendemmo la decisione di concentrarci maggiormente sull’Italia. Abbiamo sempre pensato che sia fondamentale prima di tutto consolidare l’azienda nel nostro paese per poi dedicarsi con maggiore impegno e determinazione ai mercati esteri. Prima che si verificasse questa battuta d’arresto causata dalla pandemia siamo riusciti in questo importante obiettivo, con una distribuzione del prodotto divisa tra il 50% in Campania e l’altro 50% nel resto d’Italia.
Il Covid come ha influito su questa situazione?
Tutti i risultati raggiunti fino a questo momento ovviamente hanno subìto un rallentamento a causa della pandemia. I nostri sono vini destinati prevalentemente al settore Ho.RE.CA., con la chiusura dei ristoranti e la difficoltà di organizzare anche incontri conviviali nei quali normalmente si degustavano vini un po’ più impegnativi, hanno avuto una leggera flessione.
C’era stato un recupero straordinario con l’estate, segno forse che dopo quei primi mesi di paura e incertezza, c’era un grande entusiasmo di tornare a vivere e di apprezzare i piaceri della vita.
Poi la seconda ondata della pandemia, con le chiusure d’autunno, ha determinato un nuovo rallentamento. Tuttavia, nonostante questo periodo buio che tutti stiamo vivendo per via di questa tragica pandemia, abbiamo trovato le forze e le energie per poterci dedicare a completare i nuovi impianti dei vigneti nei nostri tre siti, oltre a terminare nuovi locali della cantina, sperando che presto quest’incubo possa finire e si possa ripartire con ritrovato entusiasmo e con grande determinazione.
È prevista una distribuzione online dei vostri vini?
Noi direttamente no. Abbiamo un unico distributore nazionale che si occupa della commercializzazione dei vini di Quintodecimo
Professore, lei è partito da Mondragone dove la sua famiglia già produceva vino ma quando ha deciso di produrre il suo vino ha scelto l’Irpinia. Per quale motivo?
I motivi sono diversi. Innanzitutto affettivi ed emotivi verso questa provincia. Io sono arrivato ad Avellino all’età di tredici anni ed ho trascorso presso il glorioso Istituto Agrario Francesco De Sanctis gli anni belli della spensieratezza. Ho tanti amici di quegli anni di scuola ai quali sono molto legato così come ai tanti luoghi che in quegli anni ho scoperto e vissuto. Inoltre, è fuori dubbio che l’Irpinia è un areale ad altissima vocazione per la produzione di vini di elevata qualità. Le fresche e ventilate colline di questa zona interna della Campania, caratterizzate da un clima rigido ed una conformazione a tratti montuosa, creano le condizioni ottimali per esprimere al meglio le potenzialità delle più importanti varietà di uva della nostra regione: l’Aglianico, il Fiano, il Greco e negli ultimi decenni anche la Falanghina.
L’azienda storica di Mondragone fondata da mio padre ed alla quale sono legatissimo, è condotta e gestita da mio fratello Bruno. Dopo la partenza dal mio paese natìo, ad appena tredici anni e con il prosieguo della mia carriera universitaria, in pratica, non sono più ritornato se non durante le feste ed il periodo estivo. Mio fratello, invece, non si è mai mosso da Mondragone rimanendo sempre accanto a nostro padre ed aiutandolo in cantina per cui, giustamente, è lui che ha preso in mano le redini dell’azienda di famiglia. Alla fine siamo tutti molto contenti e sereni, sono due aziende a conduzione familiare, quindi relativamente piccole, con due percorsi ed impostazioni differenti. Quella di Mondragone con una storia più classica ed una produzione di vini oramai tradizionali per la nostra Campania. Quintodecimo, più giovane ed innovativa, ispirata maggiormente ai modelli francesi e con una produzione che guarda ad un mercato, nazionale ed internazionale, più di nicchia.
C’è un po’ di Francia nei suoi vini?
Mah, la Francia da sempre è avanti rispetto a noi ed è sicuramente un modello per il mondo intero del vino. Guardare loro è importante, anzi è fondamentale per tutti coloro che amano fare e bere il vino, ma i vini di Quintodecimo sono completamente italiani, fatti con uve campane in un territorio storico della nostra bella Italia, che come dicevo prima, è ad altissima vocazione viticola.
L’obiettivo di Quintodecimo è la produzione di vini che siano una fedele “restituzione del territorio”, ossia una reale espressione della vigna e del luogo in cui vengono prodotti. Per fare ciò la viticoltura ha un peso molto più importante del lavoro in cantina. La partita si gioca per lo più in vigna. È necessario che si realizzi una perfetta sintonia tra la vite e l’ambiente pedoclimatico in cui vegeta in modo tale che i grappoli, una volta maturi abbiano tutti i parametri compositivi in equilibrio. Di conseguenza anche il vino che si otterrà sarà armonico in tutti i suoi componenti ed il suo equilibrio sarà principalmente dovuto alla perfetta combinazione tra pianta, suolo e clima, che insieme all’uomo costituiscono la base del concetto di terroir.
La vostra è un’azienda ecosostenibile?
Noi siamo sin dall’inizio in conduzione biologica-integrata, questo è il futuro. Dagli ultimi cinque anni siamo passati totalmente in biologico e quest’anno si conclude anche il ciclo e l’iter per la certificazione. Strategie di conduzione biologica e rispettose dell’ambiente, agricoltura “pulita”, azioni a basso impatto ambientale, enologia che negli ultimi anni amo definire “leggera” ossia una enologia di assistenza e meno interventistica, approcci gestionali fondati su concetti di eco-winery, sono aspetti curati in modo assoluto a Quintodecimo. Ma in generale tutte le aziende che producono vino devono oggi essere attente a tutto ciò.
Che tipo di accoglienza fate?
Oggi chi produce vino non può limitarsi solo al contenuto della bottiglia, è impensabile. Egli non solo dovrà vendere il vino ma mostrare anche i luoghi in cui si produce. Il turismo enologico abbinando il vino con il paesaggio, genera bellezza. La vista dei vigneti, che danno ordine al paesaggio creando colori meravigliosi con l’alternanza delle stagioni, regala emozioni.
Per questo motivo, l’accoglienza a Quintodecimo è una parte importantissima del lavoro aziendale. La visita guida gli appassionati nell’affascinante mondo del vino, attraverso un percorso in cui scienza, poesia e bellezza si fondono tra di loro trasmettendo emozioni uniche. I visitatori hanno modo di conoscere la nostra storia e la nostra filosofia produttiva. Accolti tra le vigne, hanno la possibilità di ascoltare la spiegazione di tutti gli aspetti tecnici relativi alla gestione agronomica dei vigneti per poi passare in cantina, dove vengono illustrate le fasi dell’intero processo produttivo: raccolta dell’uva, ammostatura, fermentazione, elevage ed imbottigliamento. Infine è prevista anche una visita al nostro caveau storico dove è possibile osservare l’intera collezione di tutti i vini prodotti a partire dal 2001, anno di fondazione dell’azienda. Una bella esperienza, un percorso culturale e didattico completato dalla degustazione dei vini e dalla loro descrizione sensoriale.
Quali sono i progetti futuri di Quintodecimo?
Il progetto fondamentale è quello di completare l’azienda per renderla sempre più solida e fidelizzare sempre di più gli appassionati ai nostri vini.
La vera novità di una azienda che fa vino in realtà è il vino dell’annata successiva. Di anno in anno, l’obiettivo deve essere quello di fare vini sempre più buoni, tenendo ovviamente presente che il nostro è un lavoro fortemente legato all’andamento delle condizioni climatiche. Un lavoro creativo molto bello, scandito dai ritmi delle stagioni tanto è vero che le cose da fare durante l’anno, poiché sono dettate dalla natura, sono sempre diverse di giorno in giorno.
Un altro aspetto fondamentale per noi è quello di integrare sempre di più i figli nell’azienda. Un’azienda di questo tipo è un progetto generazionale che ha bisogno di tempi lunghi per essere perfezionato sempre di più.
Professore il suo vino del cuore?
Il mio vino del cuore è il Falerno di mio padre che lui amava chiamare “Vecchio Falerno”, un’etichetta storica del vino italiano che mi emoziona sempre tanto e che amorevolmente mi ricongiunge a lui.