Avevamo sentito Viviana Marrocoli qualche anno fa quando era a Re Maurì, dopo diverse esperienze tra cui Mercerie, creatura del pluristellato Igles Corelli, che presentava una brigata molto affiatata e interamente al femminile, guidata proprio da Viviana Marrocoli, che lui stesso definì:” Abbiamo la cucina di Barbie ma con la forza di Hulk”.
Ora Viviana Marrocoli è tornata a Napoli alla guida della Taverna La Riggiola……scopriamo qualcosa in più della giovane chef e della sua nuova avventura
Si, dopo Re Maurì e qualche altra breve esperienza, ho deciso di frequentare un corso di pasticceria all’Italian Chef Accademy. Da lì ho avuto la possibilità di fare uno stage presso il Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel con il capo pasticcere Dario Nuti ex capo pasticcere dell’Imago insieme a Francesco Apreda. In quel periodo però, per potermi anche mantenere, entrai in un contesto di eventi tra cui la gestione dell’hospitality della Lazio Calcio presso lo stadio Olimpico. In una di quelle occasioni ebbi la fortuna di poter affiancare Igles Corelli. Per me Igles Corelli rappresenta il top e ho sempre desiderato conoscerlo e fare un’esperienza al suo fianco. Continuai con questi eventi e una sera uno degli chef, per un brutto incidente stradale, non poté partecipare e spinto da Stefania Lanotte mi esortò a prendere le redini della cucina. A quel punto tornai a Napoli, ma ben presto ricevetti una telefonata di Igles Corelli che mi voleva fare un colloquio per il suo ristorante Mercerie. Da lì a poco, nel gennaio del 2019 iniziai la mia avventura in Mercerie.
Com’è stato affiancare lo chef Igles Corelli, che nella sua lunga carriera è stato insignito di ben 5 Stelle Michelin? Cosa ti ha insegnato?
Sin da subito, Igles mi ha dato tanta fiducia e ciò mi ha aiutato ad affrontare questa splendida avventura. Durante questa esperienza ho inserito dei nuovi piatti e con Igles pensammo ai nomi, è stato veramente un periodo proficuo per la mia carriera.
Nell’ultimo periodo a Mercerie ho avuto dei problemi alle braccia che non mi permetteva di poter lavorare a pieno ritmo. Ho avuto però il supporto della mia squadra che ci ha permesso di continuare a lavorare sempre con ottimi risultati.
Di Igles non posso dire che il meglio, è stato il “papà” di una Viviana che ha finito di essere adolescente ed è diventata donna. Mi ha dato una fiducia immensa che mi ha trasmesso molto umanamente. Dal punto di vista del mio mestiere, è colui che mi ha fatto abbracciare la cucina circolare dove materie prime e ingredienti riutilizzati o usati più volte. Io sono molto empatica, abbraccio l’idea di uno chef perché abbraccia la mia idea, quindi posso dire che con Igles ho fatto “bingo”. Entrambi amiamo la materia prima e l’obiettivo è quella di valorizzarla. Inoltre Igles ha una conoscenza “mostruosa” della materia prima, ha la capacità di abbinare i prodotti in modo molto naturale, come se quasi li provasse e assaporasse nella sua mente.
Cosa ti ha lasciato Dario Nuti nella preparazione e nella strutturazione di un dessert?
Che bisogna osare. Lui si spingeva in questi abbinamenti dolce-salato molto interessanti. Quello che mi ha lasciato è un’impronta di una pasticceria moderna ma anche classica, lui per esempio aveva presentato un panettone “Cuore di Carbonara”. A dire il vero questo approccio di mixare in un dolce sia la parte salata che quella dolce era già nelle mie corde, ma l’essere stata affianco a Dario ha rafforzato questa mia consapevolezza e sicurezza in questo approccio.
Mercerie è innovativo concept di high street food, in cosa consiste?
Il concept si basava su lasagnette, bottoni salati e praline che si avvicinano ad una polpetta con panature particolare, dove ognuna riprendeva ciò che era all’interno della stessa. Quindi erano ricette della tradizione culinaria proposte in un formato mini e di facile consumo, ideale anche per l’asporto o per uno spuntino.
Viviana, ora sei tornata a Napoli con un nuovo progetto, Taverna la Riggiola, ci puoi dire qualcosa in merito?
Il patron della Taverna la Riggiola è Pietro Micillo, siamo amici da oltre 10 anni. Il ristorante è nato da circa 3 anni fa, lui è amante della cucina del settecento e dell’ottocento, inoltre ha una azienda agricola dalla quale ci approvvigioniamo di buona parte delle materie prime.
Il concept in primis è la stagionalità, basata sulla materia prima del nostro orto di circa 60 ettari. Inoltre Pietro cerca di riprendere vecchie coltivazioni come il fagiolo a formella, la cicerchia dei Campi Flegrei, la torzella, fagiolini lunghi. Insieme a lui abbiamo studiato il menù.
Potrete trovare anche dei piatti vegetariani, vegani ma anche piatti a base di pesce o della tradizione partenopea. Infatti da noi puoi trovare il baccalà in cassula come lo faceva mia nonna, quindi un baccalà fritto messo nel pomodoro con una bella base di cipolle di tropea. Oppure ancora presentiamo una bella zuppetta che presentava il Cavalcanti fatto con la zucchetta, cipolla, percoca, patate e semi di finocchietto tostato. In questo caso però ho cercato di rendere mia la ricetta e reinterpretarla in chiave più attuale senza stravolgerla, ma mixando masticabilità e croccantezza.
Avete postato una frase di Alain Ducasse : ”È una storia d’amore la cucina. Bisogna innamorarsi dei prodotti e poi delle persone che li cucinano”. Voi come la interpretate?
Io parto sempre dalla materia prima. Fosse per me io giocherei senza menù come se fosse una Mistery Box, cioè mi baserei su quello che ci arriva quotidianamente dall’orto senza avere un menù predefinito. Infatti nel nostro menù esiste un piatto “Pescato del giorno con le verdure dell’orto”, che per me rappresenta un piatto bianco sul quale posso dipingere liberamente. Per me il cuoco si avvicina all’artista che, in base a quello che sente in quel momento, deve avere la possibilità di esprimersi, se invece gli poni dei limiti e come se lo appiattissi. Un piatto è una creazione che ogni giorno puoi amare, accarezzare e in parte modificare perché è come se fosse un sentimento che cresce. Quindi la mia maggiore soddisfazione è vedere il volto dei clienti felici ai quali hai saputo trasferire tramite il piatto queste tue emozioni.
Il tuo sous chef è Pasquale Russo, come nasce questo connubio?
Ho conosciuto Pasquale circa 5 anni fa, è stato amore a prima vista. Avrei voluto che mi seguisse anche a Roma, ma non fu possibile. È un ragazzo eccezionale, ha un amore sconfinato per la cucina e ha una grande sensibilità che riesce a trasferirle nei piatti, in particolar mono nella fase di impiattamento.
Per il menù degustazione, abbiamo scelto un percorso al buio del cliente, ovviamente cercando di avvicinarmi anche ai suoi gusti. Per il menù alla carta abbiamo diversi piatti interessanti come il “Battuto di annutolo”, che è un battuto di carne del bufalotto piccolo, una carne ricca di proteine con pochi grassi, che viene affumicata dinanzi al cliente accompagnato da un aceto di visciole, un tuorlo d’uovo marinato alla soia e una piccola aggiunta di caviale. Mi piace ricordare anche il nostro “Spaghetto vegetale” fatto con fagiolini lunghi con olive itrane, ai tre pomodori, capperi e mollica di pane. Per quanto riguarda i dolci presentiamo un “Assoluto al cioccolato” con un coulis di frutti rossi che viene poggiato su un pralinato alle nocciole, poi piano piano inseriremo altri dessert.
Avete riaperto da circa un mese, come sta andando?
Ci siamo muniti di tutti i dispositivi di sicurezza. Inoltre la proprietà ha acquistato un dispositivo che permette di sanificare l’aria. Mentre prima i posti a sedere erano circa 40 ora, ci siamo organizzati per un massimo di 25 posti a sedere per permettere alla clientela di poter essere in sicurezza e godersi la serata.
Viviana, avevi affermato che la tua è una cucina che vive di memoria e di ricordi, cosa intendi dire?
Nei miei piatti, partendo da uno di famiglia, cerco di trasmettere quei ricordi e sapori del passato, così come lo faceva mia nonna, il tutto elaborato con tecniche nuove. Per esempio, in carta ho il carpaccio di baccalà aromatizzato al trombolotto, con foglie di cappero, crumble di olive nere itrane e papaccella napoletana, mia nonna lo preparava in umido mentre noi abbiamo cercato di aggiornalo. Oppure anche il classico spaghetto ai frutti di mare, abbiamo inserito in carta un tagliolino ai frutti di mare con un crumble di bottarga.
Sappiamo che anche i vini sono quasi tutti del Sud Italia.
Per ora la carta dei vini non è molto ampia, cerchiamo di modellarla in base alla cucina e agli abbinamenti. Rispecchia la nostra filosofia che è volta alla valorizzazione dei vini del sud Italia.
Cosa ti auguri per il futuro?
Vorrei mettere radici e cercare di valorizzare i prodotti della mia terra che ha tanto da offrire.
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